Rainulfo Drengot

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Rainulfo Drengot fu un capitano di ventura normanno e primo conte di Aversa (1030-1045).

Rainulfo Quarrel Drengot era un normanno ed aveva quattro fratelli: Gilberto Quarrel detto "Buatere Drengot", Ascletino, Osmondo e Rodolfo.

Rainulfo Drengot sembra abbia ucciso suo fratello Gilberto e che sia perciò sceso in Italia con gli altri tre fratelli in quanto fu esiliato da Riccardo I di Normandia perché accusato di tale assassinio. Rainulfo si offrì di accompagnare i fratelli Asclettino (futuro conte di Acerenza) Osmondo e Raulf (Rodolfo), insieme a una banda di 250 guerrieri composta da altri esiliati, militari senza terra e avventurieri simili, in un pellegrinaggio a Monte Sant'Angelo sul Gargano, nel Catapanato bizantino d'Italia, per rendere omaggio al santuario dell'arcangelo-soldato Michele.

L'orda normanna sbarcò nel Mezzogiorno nel 1017 e stabilì una propria roccaforte sul Monte Gargano, in Puglia, dove gli avventurieri si unirono alle forze dei Longobardi di Melo di Bari. Questi aveva approfittato delle condizioni di semi-anarchia del dominio bizantino in Italia per ribellarsi contro l'Impero d'Oriente, ma in quel momento stava soccombendo. Dopo un primo scontro con le forze del catapano bizantino, la prima grande battagia, combattuta a Canne, fu per i Normanni un vero disastro: le truppe furono decimate e il loro capo, Gilberto, fratello di Rainulfo, cadde in battaglia. A questo punto Rainulfo emerse come capo indiscusso delle rimanenti milizie normanne, che si ritirarono dalla Puglia in Campania. Qui, secondo Amato di Montecassino, si ritrovarono senza alleati e circondati da nemici, ma riuscirono a trarre vantaggio dalle forti rivalità che dividevano gli indisciplinati principi longobardi.

I normanni guidati da Drengot cominciarono ad offrire la loro protezione, dietro pagamento di un compenso, ai pellegrini diretti al santuario di San Michele Arcangelo al Gargano, in modo da metterli al riparo dalle scorrerie degli altri predoni. Rainulfo fu in un primo tempo al servizio del principe longobardo Pandolfo IV di Capua. «Sotto la sua protezione – scrive Amato ^[1] - essi si diedero a saccheggiare i territori dei vicini e a tormentare i suoi nemici. Ma visto che la mente umana è incline all'avidità e alla fine il denaro trionfa sempre, di tanto in tanto essi lo abbandonarono...Vendettero i propri servigi come poterono, a seconda delle circostanze, offrendo di più a chi dava di più». Ben presto la bilancia del potere nella Campania longobarda cadde proprio nelle mani dei Normanni. «I Normanni non desiderarono mai che uno qualsiasi dei longobardi riportasse una vittoria decisiva, poiché questo avrebbe potuto giocare a loro svantaggio. Sostenendo ora l'uno ora l'altro, essi fecero sì che nessuno fosse sconfitto del tutto». ^[2]

Nuovi rinforzi normanni e l'arrivo di numerosi furfanti locali, che trovarono il benvenuto nell'accampamento di Rainulfo senza che venisse posta loro alcuna domanda, incrementarono il numero di soldati sotto il suo comando. Come osserva Amato, la lingua e i costumi normanni fecero da collante per un gruppo molto composito, che si fuse in un'unica nazione.

L'alleanza di Rainulfo passò così al duca Sergio IV di Napoli. Dopo ripetuti successi, nel 1030 il duca Sergio gli offrì l'ex roccaforte bizantina di Aversa, a nord di Napoli, insieme al titolo di conte e alla mano di sua sorella. Nel 1034 la moglie morì, dissolvendo così il suo legame. Rainulfo sposò allora la figlia del duca di Amalfi e nipote di Pandolfo IV di Capua, acerrimo nemico di Sergio. Da questo momento cominciò l'opera di espansione del proprio territorio, a spese soprattutto dell'abbazia di Montecassino. Il titolo comitale di Aversa gli fu riconosciuto e confermato nel 1037 dall'imperatore Corrado II. Dopo aver sconfitto in battaglia i Bizantini nel 1038, Rainulfo si dichiarò principe, formalizzando la propria indipendenza da Napoli e dai suoi precedenti alleati longobardi. Conquistò il principato del suo vicino Pandolfo e con l’approvazione di Corrado lo unì al proprio, costituendo così l'entità politica più vasta di tutto il sud Italia. Nel 1039 fu al fianco di Guaimario IV di Salerno e dell'imperatore Corrado. Nel 1042, dopo la vittoria del suo alleato normanno Guglielmo d'Altavilla, detto Braccio di Ferro, ottenne la sovranità su Siponto (oggi Manfredonia e il Gargano, ex territori bizantini. Rainulfo Drengot morì nel giugno del 1045. Gli successe il nipote Asclettino, figlio del su ricordato suo fratello Asclettino di Acerenza.

Rainulfo Drengot, 1° Conte di Aversa, aveva dunque un fratello, Asclettino I°, Conte di Acerenza, da cui abbiamo appena visto che nacque un altro Asclettino II° Drengot, 2° Conte di Aversa. Ma da Asclettino I°, nacquero due altri figli: Matilde e Rainulfo.

Da quest'ultimo Rainulfo, nacquero Umfredo, Guglielmo e Roberto,1° Conte di Caiazzo e Sant'Agata dei Goti.

Da questo Roberto nacque un altro Rainulfo di Alife, Conte di Caiazzo, Alife, Sant'Agata dei Goti e di Avellino. Egli sposò Matilde, figlia del Gran Conte Ruggero.

Da tale unione nacque:

1. Roberto che non ebbe figli

2. Adelicia, che sposò Rinaldo dell'Aquila, Conte di Avenel

Da Adelicia e Rinaldo dell'Aquila nacquero:

2.1. Adamo, Conte di Avenel, Conte di Collesano che sposò una figlia del Re Ruggero II di Sicilia. da cui il Conte Ruggero (+ in prigionia dopo essere stato accecato 1194), Conte di Avenel, Conte di Collesano, Conte di Adrano (1177), Signore di Polizzi, poi Conte di Fondi e Conte di Avellino; si sposò contro il volere del Re Guglielmo I di Sicilia. Per questa ragione fu imprigionato con la moglie, poi fu perdonato e ritornò in Sicilia e poi sposò Marotta (o Fenicia) Sanseverino, figlia di Guglielmo I Signore di Sanseverino e di Isabella Guarna (+ VIII-1167)

2.2. Matilde (morta nel 1168), che sposò Costantino II Paternò, signore di Buccheri, Conte di Butera e Conte di Martana, il cui bisnonno, Roberto d'Embrun, era un membro della Casa Sovrana di Barcellona e Provenza e fu il capostipite della Casa Paternò.

Le principali fonti storiche sulla vita e le imprese di Rainulfo sono le opere degli storici Amato di Montecassino e Guglielmo di Puglia, suoi contemporanei.