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Gisalberto I Conte di Bergamo

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Gisalberto I Conte di Bergamo, di cui non si conoscono le origini, fu dal 922 il capostipite della dinastia dei Gisalbertini, che tra alterne vicende ressero la contea di Bergamo fino all’XI secolo.

Indice

[modifica] I Longobardi

Umbone longobardo
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Umbone longobardo

Con l’invasione del 568 guidata da Alboino anche Bergamo cadde sotto il dominio longobardo, assumendo un’importanza notevole per la sua posizione geopolitica. Bergamo, infatti, costituiva il crocevia tra le strade militari che congiungevano il Friuli alla parte occidentale della pianura padana e a Pavia, sede del regno.

Dopo l’uccisione di Alboino e di quella di Clefi, suo successore, il regno cadde in quella che fu definita l’anarchia longobarda, della durata di dieci anni, in cui governarono i duchi.

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«[…] Langobardi per annos decem regem non abentes, sub ducibus fuerunt. Unuisquisque enim ducum sua civitatem obtinebat: Zaban Ticinum,Wallri Bergamun, Alichis Brexiam, Eoin Trientum, Gisulfus Forumiuli.»
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«[…] i longobardi non avendo un re per dieci anni furono governati da duchi. Ciascuno di loro aveva la sua città: Zaban Pavia, Wallari Bergamo, Alichis Brescia, Evin Trento, Gisulfo Cividale del Friuli»
(Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, II, XXXII)

Wallari fu il primo duca di Bergamo e del suo territorio nel primo tumultuoso periodo della conquista longobarda non ancora consolidata.

Il periodo era particolarmente difficile, l’Italia non si era ancora ripresa dalla disastrosa guerra greco-gotica che un’altra invasione, quella longobarda, si abbatté su un territorio semidistrutto e su una popolazione rarefatta e letteralmente defedata.

Anche Bergamo e il suo ducato, reduci dai precedenti eventi bellici subì le dure condizioni della conquista longobarda e quelle nefandezze e atrocità tipiche dei guerrieri longobardi.

Spada longobarda
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Spada longobarda
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«Per hos Langobardorum duces, septimo anno ab adventu Alboin et totius gentis, spoliatis ecclesiis, sacerdotibus interfectis, civitatibus subrutis, populisque, qui more segetum excreverat, extinctis, exceptis his regionibus quas Alboin ceperat, Italia ex maxima parte capta et a Langobardis subiugata est»
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«Ad opera del duchi longobardi, sette anni dopo l’invasione di Alboino e di tutta la sua gente, saccheggiate le chiese, uccisi i sacerdoti, demolite le città, sterminate le popolazioni che erano cresciute come le messi, eccettuati quelle regioni che Alboino aveva conquistato, la massima parte dell’Italia fu conquistata e sottomessa dai Longobardi»
(Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, II, XXXII)


Con l’elezione a re di Autari e la ricostituzione del regno la situazione politica si stabilizzò e migliorarono le condizioni di vita della popolazione indigena assoggettata.

Il ducato di Bergamo, inteso come complesso politico-militare, ma non ancora territoriale, era tra i più importanti e agguerriti tanto da fare ritenere a Gaidulfo, successore di Wallari, di potersi ribellare, assieme ad altri, al nuovo re, Agilulfo, e sostenere con lui un conflitto armato. Gaidulfo fu sconfitto e dopo ulteriori ribellioni perdenti fu giustiziato.

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«Gaidulfum quoque Bergamensem ducem, cui iam bis pepercerat, peremit.»
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«[...] giustiziò anche Gaidulfo, duca di Bergamo, che già due volte aveva risparmiato»
(Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, IV, XIII)

La vicenda di Gaidulfo è emblematica della forza del gruppo di potere che reggeva il ducato almeno nelle aspettative del duca anche se alla fine la sua rivolta si dimostrò effimera.

Nella seconda metà del VII secolo si evidenziò la forza nascente del Vescovo di Bergamo nella persona di Giovanni, figura particolarmente carismatica, che riportò al culto cattolico la Basilica Autariana di Fara Gera d'Adda fino ad allora dedicata al culto ariano.

L’ultimo duca di Bergamo, Rotharit, fu sconfitto da Ariperto nei primi anni dell’VIII secolo in quella che fu una sanguinosa lotta per la successione al regno longobardo.
Ariperto divenuto re, diffidente del gruppo di potere che si era coagulato a Bergamo, ne ridusse il ducato a gastaldato governandolo direttamente attraverso propri uomini di fiducia.

[modifica] I Franchi

Incoronazione di Carlo Magno
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Incoronazione di Carlo Magno

Dopo la vittoria di Carlo Magno su Desiderio, l’ultimo re longobardo, e la conseguente conquista del Regnum langobardorum la gestione politica di Bergamo cambiò: agli amministratori longobardi, i gastaldi, si sostituirono i conti, pur sopravvivendo la precedente aristocrazia longobarda benché privata, almeno all’inizio, di ogni potere politico.

Il primo conte franco sembra sia stato Auteramo.

Seppure con le incertezze dovute alla scarsissima documentazione, data l’epoca, sono stati individuati i seguenti conti franchi di cui, purtroppo, non si hanno notizie storiche certe:

  • Auteramo, il primo, morto prima dell’816
  • Mario, (843 ?? )
  • Ottone, (870 ??)
  • Ambrogio, (894 ??)
  • Teudaldo, ( ??? )
  • Suppone, (919 ??)

Mentre i longobardi perdevano il potere si rafforzava, invece, la posizione dell’Episcopato di Bergamo, che assumeva sempre maggiore forza e valenza politica divenendo spesso arbitro nelle controversie fra i grandi

[modifica] Gisalberto

Alla fine del 919 troviamo un Gisalberto, che dichiarava di seguire la legge longobarda, partecipare come missus imperialis e fidelis di Berengario I ad un placito e due anni dopo lo stesso personaggio congiurava contro Berengario a favore di Rodolfo di Borgogna.
Berengario uscì vincitore da questo scontro e perdonò l’infedele Gisalberto che, tuttavia, non smise di tramare a favore di Rodolfo

Lo scontro finale fra Berengario e Rodolfo ebbe luogo a Fiorenzuola il 17 luglio 923 e si risolse con la vittoria di Rodolfo.
Dopo questa vittoria Rodolfo nominò Gisalberto conte di Bergamo dando così luogo all’inizio di una nuova dinastia comitale.

[modifica] Conte e Vescovo

Accanto all’ascesa politica di Gisalberto continuava il consolidamento e il rafforzamento del potere dell’Episcopato, quello stesso episcopato che avrebbe eroso la posizione dei Gisalbertini fino al loro allontanamento da Bergamo e alla loro scomparsa dalla scena politica.
Sarà l’affermazione del Comune a prevalere definitivamente sui Gisalbertini e poi anche sull’Episcopato che prima aveva sostenuto.

[modifica] Realpolitik

Dopo la vittoria di Rodolfo la posizione di Gisalberto si rafforzò e assieme alla sua quella del vescovo Adalberto, ma iniziava anche a indebolirsi Rodolfo a favore di Ugo di Provenza. Ugo era l’uomo forte del momento e ad lui si avvicinarono sia Gisalberto che Adalberto: nel 926 erano schierati a fianco del nuovo re.

La carriera di Gisalberto subì un notevole balzo in avanti grazie ai favori di Ugo da cui fu elevato alla carica più prestigiosa del regno di Comes sacri Palacii, Conte Palatino.
Ecco la carriera fulminea e brillante di un fidelis che da missus diventa, attraverso il sapiente e spregiudicato gioco delle alleanze, conte palatino.

Non si può dire se e quanto abbia giocato a suo a favore anche il fatto che la propria moglie Rotruda, figlia del giudice palatino Walperto, fosse stata l‘amante di Ugo a cui aveva dato una figlia illegittima, Rotlinda.

Ottone I di Sassonia
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Ottone I di Sassonia

Con Gisalberto I cambia la natura della contea: mentre durante il primo periodo carolingio il conte svolgeva essenzialmente una funzione pubblica, era, cioè, il delegato dell’Imperatore o del Re nel cui nome agiva e di cui rappresentava e tutelava i diritti in quello che si può definire un distretto amministrativo, con Gisalberto e i suoi successori la contea acquista una carattere personale e patrimoniale. Il suo titolare agiva in nome e per conto proprio, a volte anche in contrasto con il sovrano a cui avrebbe dovuto essere legato da un rapporto di fedeltà personale, la contea era diventata un beneficium in cambio della fidelitas, dell’auxilium e del consilium che il conte avrebbe dovuto al suo sovrano.
Nel nostro caso il suo titolo era Comes civitatis bergomensis.

La potenza dei conti

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«riposava sul controllo di un territorio che nel periodo longobardo i suoi signori, i duces, avevano dotato di un tale potere da fare loro credere di potersi ribellare ripetutamente contro il Re
(Jarnut J. Bergamo 568-1098)

Bergamo sotto il conte Gisalberto I e il vescovo Adalberto ebbe uno sviluppo non solo demico ed economico ma anche e soprattutto politico.
La città si distinse dal resto del territorio acquistando una sempre maggiore individualità che, tuttavia, non sconfinava ancora in autonomia.
Nella città Gisalberto e i suoi successori trovarono un concorrente che alla fine sarebbe riuscito a scalzarli definitivamente, il Vescovo.

Di Gisalberto si perdono le tracce dopo la prima metà del 927, forse perché invischiato in una ribellione contro Ugo, che lo aveva tanto elevato, tramata dal proprio suocero Walperto e da Everardo, un altro giudice palatino.

[modifica] Lanfranco

Sarà il figlio Lanfranco, con la protezione di Berengario di Ivrea, a succedergli prima nella carica di conte, poi in quella di conte palatino nel 945, anche in questo caso a seguito di una oculata e conveniente scelta di campo.

Dopo il 950 non si hanno più notizie di Lanfranco, il che fa supporre la perdita del favore di Berengario, forse per un mutato assetto nelle alleanze.

Da Lanfranco I sarebbe nato, secondo alcuni studiosi, Lanfranco da Martinengo, capostipite della potente dinastia dei Martinengo

[modifica] Gisalberto II

Ottone I e Berengario vinto
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Ottone I e Berengario vinto

La dinastia comitale continuò con il figlio di Lanfranco, Gisalberto II, che appoggiava Ottone di Sassonia contro Berengario.

Ottone gli concesse nel 970 i beni del conte di Pavia, Bernardo, che gli si era ribellato, aumentandone così non solo la già notevole ricchezza ma anche il prestigio e il potere politico.
Bernardo aveva sposato Rotlinda, la figlia che Rotruda, moglie di Gisalberto I, aveva avuto da Ugo di Provenza.

Gisalberto II mantenne la carica di conte palatino anche con Ottone II ma in un clima sempre più teso, esasperato dalla crescita politica del vescovo di Bergamo Ambrogio, già cancelliere di Ottone I, imposto dallo stesso imperatore sul soglio episcopale alla morte del vescovo Odelrico.

Mentre iniziava il declino dei Gisalbertini aumentava il potere dell’Episcopato al fianco degli Ottonidi. Così fu per il vescovo Gisalberto, successore di Ambrogio, per Azzone che gli successe alla morte e per Reginfredo successore di quest’ultimo.

Il conte Gisalberto II, morto tra la fine del X secolo e l’inizio dell’XI, si era da tempo allontanato dagli Ottonidi.

[modifica] Gli epigoni

Non si hanno notizie certe sulle azioni dei successori di Gisalberto II, Lanfranco II, Arduino I, Mangifredo I, Richilda e Gisela. Troviamo nel 1010 Mangifredo conte di Bergamo, mentre della sorella Richilda si sa che aveva sposato Bonifacio margravio di Tuscia e dell’altra sorella Gisela che aveva sposato Ugo margravio di Tortona

Lanfranco II è testimoniato conte palatino nel 1017 e nel 1018 e Arduino nel 1018, forse contemporaneamente al fratello.

Nelle lotte per la successione di Ottone III i Gisalbertini appoggiarono prima Arduino d’Ivrea e poi Enrico II, in un’alternanza di alleanze funzionale agli interessi del momento.

Corrado II
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Corrado II

Con Corrado II, successore di Enrico II, i rapporti non sono chiari ma la loro parentela con Bonifacio di Tuscia e con il vescovo Ambrogio, sostenitori del Salico, spingono a pensare a una loro vicinanza a Corrado.

Il conte Arduino II ottenne in feudo, nel 1036, dal vescovo Ubaldo di Cremona dei beni a sud di Bergamo rafforzando così il proprio potere nella parte meridionale del territorio bergamasco.

I rapporti tra i gisalbertini Arduino II, il suo successore Arduino III con Enrico III successore di Corrado II il Salico erano buoni, tuttavia l’Episcopato di Bergamo si era rafforzato ancora di più erodendo nella città il potere dei Gisalbertini che andavano spostando la propria sfera d’influenza fuori della città, prima nei suburbi poi sempre più a sud verso Cremona.

[modifica] Il Comune

Bergamo viveva nel corso dell’XI e XII secolo una forte evoluzione politica sotto la spinta del cambiamento socio-economico della propria comunità. Accanto al sempre più potente vescovo si stava formando una nuova classe di cives che supportava l’episcopato e da questi era tutelata in una linea di condotta filoimperiale.

Nel 1098 il lungo contrasto che aveva opposto Enrico IV al Papa si era risolto con la vittoria dei fautori del Papa e con la conseguente deposizione del vescovo Arnolfo filoimperiale creando un vuoto di potere nella città. In questa circostanza si fece avanti una nuova classe dirigente, quei cives che avevano coadiuvato il vescovo secondo una linea di mutuo supporto, e che attraverso propri consules assunsero la gestione politica della città.

Enrico IV
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Enrico IV

Fu più una surrogazione nel potere secondo un principio di continuità che non una rottura rivoluzionaria.

Il potere cambiò solamente titolare passando dal Vescovo a quei maggiorenti che erano stati la stampella politica della sua gestione: nacque così il Comune di Bergamo.

In questa nuova situazione politica i Gisalbertini cambiarono fisionomia, da titolari di poteri pubblici si erano trasformati in Signori, grandi signori che la parcellizzazione dei beni ereditari, la lontananza dalla città, l’indebolimento del potere centrale avrebbero indebolito sempre di più fino a decretarne, alla fine del XI secolo, la scomparsa dagli atti pubblici.

[modifica] I Conti gisalbertini

[modifica] Bibliografia

  • Andrich G. Duchi e ducati langobardi. Nuovo Archivio veneto, 1910.
  • Angelini L. Il volto di Bergamo nei secoli. Bergamo, 1951.
  • Angelini L. Castelli e fortilizi della provincia di Bergamo. Bergamo, 1957.
  • Angelini L. Il volto storico di Bergamo. ASL, 1959.
  • Antonucci G. Il diploma di Ottone I per Gisalberto, conte di Bergamo. Bergomum, 1935.
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  • Cessi R. Bergamo medioevale. Atti Ist. veneto Sci. Lett. Ar., 1944.
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  • Gorni G. Il Liber Pergaminus di Mosè del Brolo. Studi medievali, 1970.
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  • Mor C.G. I criteri per la nomina dei conti palatini durante il IX-X secolo. Scritti in onore di C. Ferrini, Milano, 1948.
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  • Odazio, E. I conti del comitato bergomense e le loro diramazioni nei secoli X-XIII. Bergomum, 1934.
  • Odazio E. I discendenti di Giselberto I, conte del comitato Bergomense e del Sacro Palazzo. ASL, 1935.
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  • Sala A. Fra Bergamo e Brescia, una famiglia capitaneale nei secoli XI e XII, i De Martinengo. - Brescia, Ateneo di scienze, lettere ed arti, 1990. SBN LO10049380.
  • Tanzi Montebello. La nobile famiglia Gisalbertina e i suoi rapporti politico-sociali con i Contadi di Bergamo, Lodi, Brescia e Cremona. Archivo Storico, 1934.

[modifica] Voci correlate

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