Agilulfo

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Agilulfo, detto anche Agone, fu il quarto re Longobardo. regnò dal 591 al 616. Fu uno dei regni più lunghi fra i Longobardi.

Indice

1 Il suo regno
- 1.1 La Cronistoria
2 Agilulfo e l'arte nel suo regno
3 Collegamenti esterni

[modifica] Il suo regno

Continuò in tutti i sensi il regno di Autari. Prima di diventare re era Duca di Torino. I duchi Longobardi diedero mandato a Teodolinda di scegliere il nuovo re. Paolo Diacono nella sua Historia Langobardorum ne descive in forma mitica l'investitura. Narra nel terzo libro capitolo 35, che Agilulfo andò a rendere omaggio alla regina e ne baciò la mano in senso di rispetto. Teodolinda gli chiese il motivo per cui lui le baciasse la mano, quando aveva il diritto di baciarle la bocca. In questo modò lo investì del diritto di essere re e contestualmente suo sposo.

Il suo lungo regno fu caratterizzato da conquiste e riconquiste, vi fu il tentativo di conquistare Roma, allora sotto il papato di Gregorio Magno con successiva alleanza in seguito alla forte presenza di Teodolinda. Iniziò la conversione al Cristianesimo ortodosso da parte dei Longobardi, nonostante la presenza di uno scisma detto dei Tre capitoli che coinvolgeva le diocesi di Milano ed Aquileia. La correzione dei rapporti col papato portò alla restituzione dei beni ecclesiastici espropriati confermando l'inizio della integrazione religiosa e politica.

[modifica] La Cronistoria

L'inizio del regno coincise con il consolidarsi dell'eresia dei Tre Capitoli. Il vescovo di Milano, fedele a Roma era ospite a Genova, e alla corte di Monza assunse il ruolo di figura di riferimento della chiesa presso i Longobardi, Secondo di Non, originario della Val di Non ora in provincia di Trento. Appartiene a Secondo di Non un documento, che fu fonte di Paolo Diacono per la sua H. L., che risulta essere il più vecchio scritto dell'era Longobarda: Historiola de Langobardorum gestis. I Longobardi convertiti al cristianesimo ortodosso erano prevalentemente eretici tricapitolini, senza avere situazioni politiche di scontro netto con il papato.

L'investitura da parte di Teodolinda ad Agilulfo fu del novembre 590. Alcuni duchi non lo accettarono da subito come re, ed Agilulfo fu costretto a conquistarsi con le armi la fedeltà, la ribellione di alcuni duchi durò fino al 594, ma in aprile del 590 Agilulfo poté insediarsi come re. In quel primo periodo più duchi longobardi ed anche Agilulfo tentarono di conquistare Roma, ma Gregorio Magno puntò su Teodolinda per arrivare a patti con il re Longobardo. È di quel periodo uno scambio di lettere fra Gregorio e Teodolinda, costruendo un rapporto che diede molti frutti, nonostante la divisione fra la chiesa fedele a Roma e l'eresia tricapitolina che era dominante in nord Italia ed in Istria. Nel 594 è importante un incontro a Roma fra il re e Gregorio Magno. Fu la dignità, la forza e la semplicità del Papa che portò Agilulfo ad accordarsi al posto di tentare la conquista. Il contatto con il papa portò anche ad un accordo di tregua con Ravenna, un accordo annuo rinnovato più volte. Gregorio Magno ebbe riconosciuta la totale indipendenza di Roma, con il primo potere temporale ufficiale della chiesa su un preciso territorio. Nel 598, con la sostituzione dell'Esarca Romano di Ravenna con il più politico Callinico, nacque un accordo a tre (Callinico, papa Gregorio e Agilulfo) che mise le basi ad un accordo di sostanziale pace nel centro nord Italia. Nel 600-601 vi è una interruzione della tregua, alcuni duchi del nord si ribellano al re e sono spalleggiati dai Bizantini, a Parma fanno prigionieri il duca Godescalco e la moglie, figlia di Agilulfo. È durissima la reazione di Agilulfo, sconfigge e uccide i tre duchi ribelli e successivamente conquista, per la prima volta per i Longobardi, Padova e successivamente Este Abano e Monselice, territori soggeti a Ravenna ma con forte autonomia. Torna ad essere il Longobardo vendicativo e distrugge quasi completamente le città.

Seppur tricapitolino, fu nel 603 importante nei rapporti fra Papato e Longobardi il battesimo autorizzato dal re di Teodolinda e del figlio Adaloaldo che successivamente divenne il primo re cristiano ortodosso dei Longobardi. Sempre nel 603 vi fu la restituzione dei rapiti Godescalco con la moglie prigionieri a Ravenna.

Nel frattempo il re spostò la sua corte a Milano, con una reggia estiva a Monza, dove la moglie Teodolinda entrò a far parte della storia della città.

Alla fine del suo regno il re prese sotto la sua protezione l'abate Colombano e gli concesse dei terreni per costruire una abbazia, sugli Appennini alla confluenza fra il Bobbio ed il Trebbia. L'abbazia di Bobbio divenne una delle più importanti in Italia.

Agilulfo morì nel 616, dopo 25 anni di regno. Fu il primo re longobardo a morire di morte naturale. Alternò momenti di guerra a momenti in cui riusci a risolvere i problemi per via diplomatica.

[modifica] Agilulfo e l'arte nel suo regno

Con Agilulfo e Teodolinda vi furono interessanti produzioni artistiche, sia coeve sia successive e legate ai loro personaggi. Il nome di Agilulfo è legato ad un gioiello detto Croce di Agilulfo. La croce votiva era probabilmente appesa al centro della sua corona regale. È a forma di croce latina, con le braccia che si intersecano nelle reciproche metà. I bracci sono svasati verso le estremità, è in oro tempestato di pietre preziose.

I Longobardi, come tutte le popolazioni barbariche raramente raffiguravano le figure umane od animali. una eccezione è data da La chioccia con i pulcini scultura in argento dorato e lavorata a sbalzo, raffigurante una chioccia con i suoi sette pulcini. Le otto piccole scultura sono posizionate su un piatto base di rame che sostituisce l'originale che era in argento. Fu probabilmente fatto eseguire da Teodolinda, ed è riprodotto nella lunetta del Duomo di Monza come uno dei doni offerti dalla regina a San Giovanni Battista.

Altro gioiello di quel periodo, probabilmente precedente è la Corona Ferrea. È strutturata in sei placche rettangolari di oro legate fra loro da cerniere e vincolate da un anello di ferro interno. Il mito e la tradizione narrano che il ferro fu ricavato da un chiodo con cui fu crocefisso Gesù Cristo e qui ne discende il nome. Le placche sono decorate da gemme, smalti e rosette d'oro che creano un delicasto insieme floreale. Il valore della Corona Ferrea è fortemente sombolico, è la corona con cui furono incoronati re d'Italia e re conquistatori. Il mito la lega anche a Napoleone quando si incoronò re con la famosa frase: Dio me l'ha data, guai a chi la tocca. Tutti questi gioielli sono custoditi presso il Museo del Duomo di Monza.

Oltre a questi tre capolavori, presso il museo sono custoditi altri pezzi di quegli anni e dei successivi, fra i quali: la Crocetta di Adaloaldo bizantina, il Dittico di Stilicone, L'Evangelario di Teodolinda.

Architettonicamente si deve a Teodolinda l'erezione di un oraculum (cappella della regina) di pianta a croce greca, oggi di questa prima costruzione rimangono solo i muri risalenti al VI secolo.