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Federico I del Sacro Romano Impero

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Federico I Barbarossa
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Federico I Barbarossa

Federico I, anche noto come Federico Barbarossa (1123 - 10 giugno 1190) salì al trono di Germania il 4 marzo 1152 succedendo allo zio Corrado III, e fu incoronato Imperatore del Sacro Romano Impero il 18 giugno 1155.


[modifica] Biografia

Figlio di Federico di Hohenstaufen, duca di Svevia, del partito dei ghibellini, e di Giuditta di Baviera, della rivale dinastia dei Welffen, del partito dei guelfi, Federico rappresentava agli occhi dei principali elettori dell'Impero una scelta accettabile per la corona imperiale, in seguito alla crisi di potere seguita alla morte di Enrico V, incapace di assicurare in modo definitivo alla propria dinastia la successione al trono di Germania. La violenta contesa che si scatenò fra le due principali casate del regno, si risolse il 4 marzo 1152 grazie ad un compromesso: Enrico il Leone, dei Welffen, uno dei principali pretendenti al trono, rinunciò ad esso in cambio della sovranità sulla Sassonia, oltre che sulla Baviera, mentre re di Germania venne eletto, appunto Federico I di Svevia.

Da subito Federico I mostrò di voler rafforzare l’autorità imperiale, per cui indisse una dieta a Costanza alla quale parteciparono anche gli ambasciatori di papa Anastasio IV (1153-54), ai quali Federico espresse la convinzione che potere politico e spirituale potessero collaborare su un piano di parità, per cui ribadì i suoi diritti in materia di elezione dei vescovi tedeschi ma allo stesso tempo assicurò di voler rispettare prestigio e potenza della Chiesa, in cambio della promessa di essere incoronato imperatore. Ma a Costanza c’erano anche ambasciatori di Lodi, Pavia e Como, venuti ad implorare aiuto contro la prepotenza di Milano, che dopo aver distrutto Lodi ne impediva la riedificazione, mentre delle altre limitava fortemente lo sviluppo.

Federico ne approfittò per intervenire nella politica italiana: egli seguiva un ideale di imperialismo universale, e il controllo sia sui Comuni a nord sia sul Regno di Sicilia a sud era essenziale a questo scopo. L’Italia era per l’imperatore tedesco contesto ideale per ottenere alcune prerogative essenziali per realizzare la costruzione dell’imperialismo universale: la supremazia nell’eterna contesa col papato per la potestà civile universale, il legame con la tradizione dell’impero romano, cui Federico si ispirava, e la sovranità su Comuni e feudatari. A tal scopo, dispose un saldo controllo su tutti i territori della Corona, utilizzando funzionari di origine servile e provata fedeltà, i ministeriales e si pose l’obiettivo di recuperare gli iura regalia, le regalie, ossia gli inalienabili diritti del potere regio (amministrazione della giustizia, difesa del territorio, riscossione delle imposte), poiché il potere comunale in Italia si stava arrogando poteri propri del sovrano sia all’interno sia all’esterno del territorio urbano, come dimostrava l’esempio di Milano, che aveva apertamente aggredito altri sudditi dell’imperatore.

Dopo la dieta di Costanza, le condizioni per scendere in Italia c’erano tutte: lo chiedevano le famiglie feudali per limitare il potere comunale, lo chiedevano i piccoli comuni alleatisi contro Milano, lo chiedeva il papa stesso, Adriano IV, salito al soglio papale dopo il breve pontificato di Anastasio IV, che chiedeva l’intervento di Federico contro il Comune di Roma, in cui a partire dal 1143 si era formato un regime capeggiato da Arnaldo da Brescia, un riformatore patarino contestatore del potere temporale dei papi che aveva costretto papa Adriano a ritirarsi ad Orvieto.

Nell’ottobre 1154 Federico scese in Italia alla testa di un piccolo esercito e fu incoronato re a Pavia, dopodiché convocò una dieta a Roncaglia, Piacenza, in cui revocò tutte le regalie usurpate dai Comuni sin dal tempo di Enrico IV. Fatto ciò passò all’azione di forza: distrusse alcune località minori come Galliate e alcuni Comuni maggiori come Asti e Chieri (consegnate poi al marchese di Monferrato, suo fedele vassallo) e, nell’aprile del 1155, Tortona, alleata di Milano (quest’ultima venne messa al bando e privata di tutti i suoi privilegi). Quindi si mise in marcia verso Roma per cingere la corona di imperatore, incontrò papa Adriano a Viterbo e si accordò con lui per far catturare e giustiziare Arnaldo da Brescia, abbattendo il regime comunale romano. Successivamente rifiutò la corona imperiale offertagli dai cittadini romani per ricevere quella consegnatagli dal papa (giugno 1155), ma quest’ultimo sgarbo, oltre alla sottomissione che la città aveva dovuto subire, scatenarono una serie di violenti tumulti contro l’esercito tedesco, per cui Federico tornò indietro verso l’Italia settentrionale e per ritorsione saccheggiò Spoleto.

Papa Adriano, nel frattempo, per garantirsi comunque una protezione, venne a patti con i Normanni, la cui potenza un tempo era stata in realtà giudicata pericolosa dal pontefice, concedendo al re di Sicilia Guglielmo I (il Malo) l’investitura di tutto il regno, comprese Capua e Napoli. Questo accordo però veniva meno ai patti tra papa e imperatore, e d’altra parte non mancavano altri motivi di contrasto tra i due, a causa dell’eccessiva ingerenza di Federico nell’elezione dei vescovi in Germania. Un conflitto vero e proprio scoppiò nella dieta di Besancon (1157), in occasione della quale si scontrarono le due opposte concezioni del cesaropapismo imperiale (da Cesare, ovvero imperatore, che ha controllo sul papa) e della teocrazia papale (da theòs- “divino” e cratos- “potere”): la prima concezione vede il potere temporale dell'imperatore dotato di un’autorità e una libertà decisionale assolutamente superiori in ogni campo a qualsiasi altra autorità anche quella sacra, mentre la seconda è la concezione del potere riassunta nel Dictatus Papae di Gregorio VII che vede l'assoluta superiorità del potere spirituale del Papa su quello dell'imperatore, anche in materia di concessione di autorità politiche, per cui il papa può perfino svincolare i sudditi dalla sovranità imperiale. L’anno dopo, giugno del 1158, alla luce di questi contrasti di natura ideologica col pontefice e dato che Milano aveva ripreso ad agire con una certa autonomia, provvedendo, per esempio, alla ricostruzione di Tortona, Federico decise per una seconda discesa in Italia, stavolta alla testa di truppe più ingenti. Fatta ricostruire Lodi, assediò Milano, obbligandola a sottoporre all’approvazione imperiale la nomina dei suoi consoli. A novembre dello stesso anno venne convocata la seconda, e più importante, dieta di Roncaglia, cui parteciparono importanti esperti di diritto dell’Università di Bologna che fornirono a Federico, su sua esplicita richiesta, l’elenco dei diritti regi, poi inserito nella Costitutio de regalibus: elezione di duchi, conti e marchesi, nomina dei consoli comunali e dei magistrati cittadini, riscossione delle tasse, conio delle monete, imposizione di lavori di carattere pubblico. Tutti questi diritti Federico era anche disposto a lasciarli ai Comuni, in cambio però di un tributo annuo e del riconoscimento che l’impero fosse la fonte di ogni potere. In base a quest’ultimo principio Federico emanò anche la Costitutio de pacis con cui proibì le leghe fra città e le guerre private. Per quanto riguarda infine i beni fondiari, per quelli pubblici (contee, ducati, ecc.) rivendicò la dipendenza regia, per quelli allodiali il diritto dell’imperatore di dare o meno il proprio consenso a che un proprietario potesse esercitare diritti signorili: gli allodi diventarono quasi dei feudi a tutti gli effetti. Inviò ovunque propri funzionari che ricevessero l’omaggio vassallatico dai signori e controllassero in modo diretto, in qualità di podestà, i Comuni più riottosi. Intanto moriva Adriano IV e al suo posto la maggioranza dei cardinali eleggeva Alessandro III, che si accostava subito dalla parte dei Comuni, mentre la minoranza votava un cardinale parente di Federico, col nome di Vittore IV. Federico pretese di decidere quale dei due fosse il legittimo pontefice e convocò un concilio a Pavia, ma Alessandro rifiutò di riconoscere la competenza di Federico in materia e, poiché il concilio riconobbe papa Vittore IV, scomunicò l’imperatore, dopodiché si rifugiò in Francia. Milano intanto continua a non arrendersi, attaccando e sconfiggendo a più riprese le truppe imperiali. Stavolta però la reazione di Federico fu definitiva: il 10 marzo 1162 Milano fu costretta alla resa, e subito dopo iniziò la sua distruzione. Federico sembrava all’apogeo della sua potenza e tornò in Germania, per ridiscendere tuttavia solo l’anno dopo, nel 1163, perché già incalzava la riscossa italiana: intanto moriva l’antipapa Vittore IV, cui ne seguiranno altri due, Pasquale III e Callisto III, mentre papa Alessandro III, ricevuto il riconoscimento della sua autorità dagli altri sovrani d’Europa, poteva tornare a Roma, nel 1165. La terza discesa in Italia di Federico si concluse tuttavia con un nulla di fatto: organizzata una campagna militare contro i Normanni, per la quale doveva avere l’appoggio di Pisa e Genova, Federico dovette desistere per un’imprevista malattia, e tra l’altro anche Pisa e Genova, impegnate in un’aspra contesa per il controllo della Sardegna, avevano alla fine rinunciato, per cui l’imperatore tornò in patria. Nel frattempo le città della marca veronese (Verona, Treviso, Vicenza e Padova), con l’appoggio di Venezia (che mirava però, più che al riconoscimento del regime comunale, all’ampliamento ulteriore della propria autonomia) fondavano nel 1164 la Lega veronese, venendo meno alla Costitutio de pacis, mentre anche in Lombardia la città di Cremona, da sempre fedele all’imperatore, gli si rivoltava contro, creando con Brescia, Bergamo, Mantova e Milano (o meglio i Milanesi, dato che non avevano più una città) la Lega cremonese, grazie al giuramento di Pontida del 7 aprile 1167. Il primo dicembre dello stesso anno dalla fusione delle due leghe nasceva la Societas Lombardiae, la Lega lombarda. Ad esse si unirono subito Parma, Piacenza e Lodi, e anche papa Alessandro diede il proprio appoggio, mentre non lo fece il Regno di Sicilia, a causa di un momento di riassesto dinastico (dopo la morte di Guglielmo il Malo il successore Guglielmo II, detto il Buono, non aveva l’età per governare e finì sotto la tutela della madre). Federico reagì prontamente: sceso per la quarta volta in Italia nel 1166, si impadronì subito di Roma, dove si fece incoronare imperatore per la seconda volta dall’antipapa Pasquale (1 agosto 1167), mentre Alessandro si rifugiava a Benevento. Poi si volse contro i Normanni, ma una grave epidemia scoppiata nell’esercito lo costrinse a riparare a Pavia, insieme a Como l’unica città rimastagli fedele, dopodiché dovette tornare in Germania, dandosi quasi alla fuga e riuscendovi solo con l’appoggio del marchese di Monferrato. Federico rimase in patria 6 anni, durante i quali rafforzò la propria posizione, ma anche la Lega lombarda nel frattempo diventava sempre più potente, le città e perfino i signori feudali che vi aderivano erano sempre più numerosi e ora il Regno di Sicilia e perfino l’impero bizantino vi partecipavano, mentre Milano risorgeva rapidamente e per neutralizzare la possibilità di interevento da parte di Pavia e del marchese del Monferrato si fondava sul Tanaro una nuova città, chiamata Alessandria in onore del papa (1168). Nel 1174 Federico operò la sua quinta discesa in Italia: subito prese Asti e mosse contro Alessandria un assedio di ben 7 mesi, interrotto solo dal sopraggiungere dell’imponente esercito della Lega. A quel punto Federico fu costretto per la seconda volta a rifugiarsi a Pavia, né ebbero alcun risultato positivo per lui i successivi accordi armistiziali di Montebello dell’aprile di quello stesso anno, che valsero solo a guadagnare tempo in attesa dei rinforzi militari in arrivo dalla Germania, che non furono però numerosi come sperato perché in patria i signori feudali stavano iniziando a stancarsi delle onerose spedizioni militari italiane, che tra l’altro andavano incontro ad alterne vicende, mentre della Germania Federico non sembrava occuparsi troppo. E proprio mentre, aggregatesi le truppe di rinforzo, Federico aveva appena ripreso la marcia verso sud, l’imperatore venne travolto a Legnano, il 29 maggio 1176, dall’esercito della Lega, incappando in una disastrosa sconfitta, per la quale massimi artefici furono, non a caso, i Milanesi, che, suddivisi in due compagnie, quella del Carroccio e quella della Morte, impedirono che si convertisse in fuga precipitosa il primo ripiegamento cui la cavalleria tedesca aveva costretto parte dell’esercito lombardo, dopodiché spinsero quest’ultimo al decisivo contrassalto. L’esercito tedesco trovò rifugio, ancora una volta, a Pavia, dopodiché Federico si affrettò a cercare di risolvere la questione con la diplomazia, avviando le trattative di pace direttamente col pontefice, con cui si giunse ad un accordo in base al quale Federico disconobbe l’antipapa e restituì al Comune di Roma le sue regalie e i suoi territori, mentre Alessandro III garantì la propria mediazione con i Comuni (accordi preliminari di Anagni, novembre 1176), che però la rifiutarono, non gradendo il cambiamento di atteggiamento del pontefice. Si giunse così al nuovo tentativo di pacificazione che si svolse a Venezia nel luglio 1177, cui parteciparono papa, imperatore, Guglielmo il Buono e delegati dei Comuni: si confermarono sostanzialmente gli accordi di Anagni ma non si giunse ad una pace definitiva, bensì ad una tregua lunga col re di Sicilia e ad una triennale coi Comuni. Federico tornò a quel punto in Germania, per risolvere definitivamente i contrasti con i suoi feudatari, in modo particolare con Enrico il Leone, reo di non aver sostenuto l’imperatore nel modo adeguato dal punto di vista militare. L’ostinata resistenza di Enrico fu infine vinta (1180), e nel frattempo anche in Italia la situazione andava migliorando, poiché la Lega si stava sfaldando a causa di contrasti e rivalità interne fra i Comuni. Si giunse così alla pace definitiva di Costanza, il 25 giugno 1183: l’imperatore riconosceva la Lega e faceva concessioni alle città che la componevano, riguardanti tutti gli ambiti, amministrativo, politico e giudiziario, regalie comprese; rinunciava inoltre alla nomina dei podestà, riconoscendo i consoli nominati dai cittadini. I Comuni si impegnavano in cambio a pagare un indennizzo una tantum di 15000 lire e un tributo annuo di 2000; a corrispondere all’imperatore il fodro (ossia il foraggio per i cavalli, o un’imposta sostitutiva) quando questi scendeva in Italia; a concedere all’imperatore la prerogativa di redimere in prima persona le questioni fra un Comune e l’altro. Si trattava di un compromesso che segnava la rinuncia all’ormai anacronistico concetto di “impero universale” e, dunque, al piano di dominio assoluto di Federico, mentre i Comuni mantenevano la loro larga autonomia. Prima di morire, tuttavia, Federico riuscirà quanto ad estendere la propria autorità sul regno normanno, dando in matrimonio il figlio Enrico a Costanza d’Altavilla, ultima erede della dinastia normanna.

Dopo la pace stipulata con il Papa Alessandro III, Federico si imbarcò per la Terza Crociata (1189) con Filippo Augusto di Francia e Riccardo I d'Inghilterra (noto anche come Riccardo Cuor di Leone) ma affogò traversando il fiume Saleph in Cilicia nel Sud-Est dell'Anatolia.

Miniatura da manoscritto del 1188
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Miniatura da manoscritto del 1188


Ritratto del Barbarossa
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Ritratto del Barbarossa

A Federico successe sul trono reale e imperiale il figlio Enrico VI.

L'invasione tedesca dell'Unione Sovietica nel 1941 fu chiamata Operazione Barbarossa in ricordo di Federico I.

[modifica] Morte a Saleph

Le esatte circostanze della morte di Federico, avvenuta il 10 Giugno 1190 nelle acque del fiume Saleph, sono sconosciute. È ipotizzabile che sia stato disarcionato da cavallo e lo shock dovuto all'acqua fredda gli abbia causato un attacco di cuore all'età di 67 anni. Appesantito dalla sua stessa armatura, affogò nelle acque che a mala pena arrivavano ai fianchi, secondo quanto riferisce il cronista Ibn al-Athir. Il peso dell'armatura di quel giorno, progettata per essere la più leggera possibile, fu tale da trascinare con se un uomo in salute in acque poco profonde.

Una versione più mitologica della morte di Federico è basata sull'ipotesi che fosse in possesso della leggendaria Lancia del Destino. Secondo il mito, chiunque possieda la lancia è imbattibile, ma se il portatore ne fosse privato, perderebbe anche la vita di lì a poco. Federico morì guadando il fiume e in quel momento, alcuni resoconti dicono che la lancia cadde dalle sue mani. La morte di Federico buttò il suo esercito nel caos. Senza comandante, in preda al panico e attaccato da tutti i lati dai turchi, molti tedeschi furono uccisi o disertarono. Solo 5000 soldati, una piccola frazione delle forze iniziali, arrivò ad Acri. Il figlio del Barbarossa, Federico VI di Svevia proseguì con i soldati rimasti dell'esercito, con l'obiettivo di dar sepoltura all'imperatore a Gerusalemme, ma gli sforzi per conservare il cadavere nell'aceto fallirono. Quindi le spoglie furono seppellite nella chiesa di San Pietro in Antiochia di Siria, le ossa nella cattedrale di Tiro e il suo cuore e gli organi interni a Tarso.

L'improvvisa morte di Federico lasciò l'esercito crociato sotto il comando dei rivali Filippo II di Francia e Riccardo I d'Inghilterra ('Cuor di leone') che, giunti in Palestina separatamente via mare, infine portarono alla sua dissoluzione. Riccardo Cuor di Leone continuò verso Est dove affrontò il Saladino con alterni esiti, ma senza raggiungere il suo obiettivo finale, la conquista di Gerusalemme.

Federico è soggetto di molte leggende, tra cui quella dell'eroe dormiente, come le più antiche leggende britannico-celtiche di Artù e Bran il Benedetto. Si dice che non sia morto ma addormentato coi suoi cavalieri in una caverna nelle montagne di Kyffhäuser in Turingia, e che quando i corvi cesseranno di volare intorno alla cima si desterà e porterà la Germania alla sua antica grandezza. Secondo la leggenda la sua barba rossa sarebbe cresciuta attraverso il desco al quale siede. I suoi occhi sarebbero mezzi chiusi nel dormiveglia, ma di quando in quando alzerebbe la sua mano e manderebbe un fanciullo all'esterno per vedere se i corvi abbiano smesso di volare. Una storia simile,ambientata in Sicilia, era precedentemente attribuita al suo nipote Federico II.

[modifica] Discendenti di Federico I da sua moglie Beatrice

  • Beatrice di Hohenstaufen (nata tra il 1160 ed il 1162, † prima del 1174).
  • Federico V di Hohenstaufen (1164- † tra il 1168 ed il 1170), Duca di Svevia dal 1167.
  • Enrico VI (1165-1197), Imperatore del Sacro romano impero, re di Germania e d'Italia (1190-1197) e dopo il matrimonio con Costanza d'Altavilla (1154-1198), figlia del re Ruggero II, re di Sicilia (1194-1197).
  • Federico VI di Hohenstaufen (1167-1191), Duca di Svevia (1170-1191).
  • Sofia di Hohenstaufen (1168-1187).
  • Ottone II di Hohenstaufen (ca.1170-ca.1200), Conte Ottone I di Borgogna (1190-1200).
  • Corrado II di Hohenstaufen (1172-1196), Duca di Svevia e Rottenburg (1191-1196), sposò Berengaria di Castiglia (?-1244), figlia del re Alfonso VIII di Castiglia.
  • Rinaldo (1173- † bambino)
  • Guglielmo (1176- † bambino)
  • Filippo di Svevia (1177-1208) Duca di Svevia e d'Alsazia (1196-1208) e re di Germania e d'Italia (1198-1208), sposò Irene Angelo (1181-1208), figlia dell'imperatore di Bisanzio Isacco II Angelo.
  • Agnese di Hohenstaufen (1180-1184).


Miniatura di Federico I Barbarossa
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Miniatura di Federico I Barbarossa


Predecessore:
Corrado III, Re dei Romani
Sacro Romano Imperatore
1152–1190
Successore:
Enrico VI, Imperatore del Sacro Romano Impero


Predecessore:
Beatrice II
Conte di Borgogna
1184–1190
Successore:
Ottone I
Predecessore:
Federico II
Duca di Svevia e duca di Alsazia
1147–1152
Successore:
Federico IV


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