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Dottrina delle indulgenze

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La dottrina delle indulgenze è nata in ambito cristiano e si riferisce alla credenza nella possibilità di cancellare una parte ben precisa delle conseguenze di un peccato (dette pena temporale), dal peccatore che abbia confessato sinceramente il suo errore e sia stato perdonato tramite il sacramento della confessione. A seguito della riforma protestante, che contestò questa dottrina sostenendo che essa non abbia un fondamento nella Bibbia, rimase un uso prettamente cattolico.

L’indulgenza può essere parziale o plenaria cioè può liberare in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati.

Indice

[modifica] Fondamenti biblici

L'origine dell'indulgenza risale ai primi libri dell'Antico Testamento, secondo cui Dio, dopo aver istituito la settimana come memoria dei sette giorni della Creazione (Es 20,8-10), istituì la settimana di anni, il cui settimo era sabbatico (Lv 25,1-7), le sette settimane di anni (cioè 49 anni), stabilendo: "Dichiarerete santo il cinquantesimo anno e proclamerete nel paese la libertà per ogni suo abitante. Sarà per voi un giubileo" (Lv 25,10). Nell'anno sabbatico e in quello giubilare, Dio comandava agli Israeliti di avere indulgenza verso i poveri (cancellando i debiti o restituendo le terre) e verso gli schiavi (liberandoli, per far memoria della misericordia di Dio che li aveva liberati dalla schiavitù d'Egitto). Nel Nuovo Testamento, Gesù eleva la liberazione dalla schiavitù da quella materiale a quella del peccato, e dunque a perdono della colpa. Quanto alla cancellazione dei debiti, questa si eleva a remissione della pena provocata dal peccato, dunque all'indulgenza come è intesa dalla dottrina cattolica. La prima indulgenza cristiana viene applicata da Cristo stesso: "In verità ti dico: oggi sarai con me in Paradiso" (Lc 23,43). Appare evidente non solo un'immediata remissione della colpa, ma anche della pena: al buon ladrone viene di fatto applicata una indulgenza plenaria, e questo non intacca la giustizia divina, perché si era acquistato l'indulgenza con le sofferenze della crocifissione ("Stiamo ricevendo la giusta pena per le nostre azioni", (Lc 23,41). Aveva cioè maturato i requisiti, perché la misericordia di Dio viene sempre applicata con giustizia.

[modifica] L'indulgenza nelle prime comunità cristiane

Nelle comunità cristiane originarie, dove i peccati gravi come l'omicidio, l'adulterio e l'apostasia, ammettevano un rientro nella comunità solo a fronte di penitenze gravi e prolungate, dette Pena Canonica, che cambiavano in toto la vita del peccatore pentito. Questo assumeva lo status di penitente entrando nell'ordo poenitentium.
Lo stato di penitente durava lunghi anni, era estremamente gravoso e molto particolare: da quel punto in poi tutto avrebbe dichiarato il suo stato a chiunque l'avesse anche solo guardato.
Di aspetto incolto, vestito di pelle di capra e con il cilicio, con il volto segnato dai digiuni sarebbe rimasto escluso da ogni carica pubblica e ecclesiastica, dal matrimonio e persino dai normali lavori. Sarebbe stato un morto civile al punto che l'ingresso nell'ordo poenitentium veniva spesso sconsigliato ai giovani e concesso solo ai vecchi o ai moribondi. Tanta asprezza indusse i penitenti a cercare una via che ne mitigasse il rigore.
Nei primi secoli, alcuni peccatori gravi presero a rivolgersi a confessori che attendessero il martirio per ottenere da loro un biglietto, detto libellum pacis, che inducesse il Vescovo cui sarebbe stato presentato ad abbreviare o condonare la pena in virtù del sacrificio del martire.
In altri casi era lo stesso Vescovo per sua decisione a condonare in tutto o in parte la penitenza pubblica di questa o quella persona. Sino all'VIII secolo, l'indulgenza era dunque uno "sconto" sulla Pena Canonica non tanto in cambio di qualcos'altro che il penitente dovesse fare o fornire, ma per pietà nei confronti della sua sofferenza, per senso di perdono. L'indulgenza in questa fase é ad personam: il confessore o il vescovo alleviano le penitenze di questa o quella persona ben precisa a fronte del compiere questa o quella azione.

[modifica] Colpe e meriti: il Tesoro dei Santi

Successivamente si iniziò ad alleggerire il carico della penitenza per i peccati confessati, o in quanto a gravosità o in quanto a lunghezza, chiedendo al peccatore di compiere un'opera meritevole, come un pellegrinaggio, la visita ad un luogo santo, o altre opere di mortificazione come digiunare o dormire su un letto di ortiche. Nel XI secolo i Papi e Vescovi iniziarono a rimettere una parte della Pena Temporale indistintamente a tutti coloro che avessero compiuto un'opera meritoria come la visita ad un monastero appena consacrato o un'elemosina ai poveri.

L'opera sarebbe servita a educare il peccatore ad una maggior santità o a riparare le conseguenze pratiche e sociali del suo peccato: ad un ladro, per esempio, si chiedeva di restituire la refurtiva o di fare una donazione in beneficenza. La pena alleviata, invece, sarebbe stata ripagata a Dio attingendo al cosiddetto Tesoro dei Santi.
Oltre ai meriti di Gesù Cristo e a quelli ottenuti da Maria, la Chiesa cattolica riconosce quelli dei Santi: insieme a quelli di Maria sua madre: questi meriti, per la "comunione dei santi", possono supplire all'esiguità di quelli del peccatore contrito, proprio in virtù dell'amore verso chi, sulla terra, ancora si trova a sperimentare la caduta di fronte alle tentazioni.
Secondo la dottrina della Chiesa cattolica, il Tesoro dei Santi viene amministrato dalla Chiesa a beneficio delle anime in vita e per tramite dei vivi a beneficio delle anime dei defunti che stanno purificandosi nel Purgatorio. L'indulgenza chiesta dai vivi per i loro defunti può, se lucrata con le condizioni richieste dalla Chiesa, abbreviare il loro soggiorno in Purgatorio e favorirne un ingresso più rapido in Paradiso.

Occorre anche riflettere sul fatto che le indulgenze applicate ai defunti non sono sicuramente, da Dio, indirizzate al defunto per cui si prega. Questo infatti porterebbe all'assurdo, e all'ingiustizia, di un defunto con molti amici e parenti religiosi e praticanti, che lo farebbero subito "uscire" dal Purgatorio, e conquistare la beatitudine del Paradiso. Mentre l'anima di un defunto per cui nessuno prega (parenti atei, miscredenti, persone che non lo amavano, ecc.) rimarrebbe per lunghissimo tempo in Purgatorio. Insomma, non vi possono ovviamente essere dei raccomandati, se no la giustizia di Dio ne sarebbe offuscata. Allora le preghiere di ogni fedele, indirizzate a qualsivoglia santo o a qualunque scopo, vengono poi utilizzate da Dio, nella sua incommensurabile bontà, e smistate a chi ne ha più bisogno. Una prova di ciò sta nel fatto che, ottenuta con una Messa o con delle speciali preghiere, l'indulgenza plenaria per un caro defunto, si continua, nel futuro, a far dire Messe in suffragio e a ottenere, con le preghiere previste, la stessa indulgenza plenaria per l'anima che ci interessa. Non si è mai sicuri, in effetti, che l'anima del nostro caro sia subito uscita dal Purgatorio, dopo la pratica dell'indulgenza plenaria a lui destinata, per gli ovvii motivi detti sopra. Questo è il nocciolo del dogma della Comunione dei Santi: le preghiere e le opere di bontà che noi tutti possiamo fare, valgono per tutti gli uomini, per tutte le anime (anche di quelle dei non cristiani, o degli atei). Un grande fondo comune di benefici spirituali, sia per i vivi che per i morti. Opere particolarmente importanti come la partecipazione ad una crociata meritavano la remissione totale della penitenza, che i Papi accordarono largamente. Nel 1300 papa Bonifacio VIII indice il primo Giubileo. Sul modello della Perdonanza (istituita ad Aquila da papa Celestino V solo sei anni prima), viene offerta l’indulgenza ai pellegrini che si fossero recati a Roma e avessero visitato le Basiliche. Altre opere di minore importanza meritavano uno "sconto" di Purgatorio quantificato in anni o in giorni, prassi che rimase in vigore fino al 1967, quando papa Paolo VI, nella costituzione apostolica Indulgentiarum doctrina abolì tale quantificazione, lasciando solo la distinzione fra indulgenza plenaria e parziale e fissando nuove norme (semplificatrici) in materia. Esse, in estrema sintesi, centrano il beneficio dell'indulgenza concessa dalla Chiesa sull'azione del fedele e sul fervore con cui egli si dispone alla conversione, cioè al radicale cambiamento di vita richiesto dal Vangelo e attuato per la grazia del Battesimo.

[modifica] Buone opere e denaro

Nei secoli dal XIV al XVI l'uso delle indulgenze si era diffuso moltissimo e si introdusse la possibilità di ottenerle con un'offerta in denaro, detta oblationes, per supportare opere che stessero a cuore della Chiesa stessa. A mano a mano che la pratica delle indulgenze si diffuse, numerose chiese o opere di apostolato o di carità (ospizi,scuole, ospedali) vennero pagati e mantenuti grazie al denaro offerto e la Chiesa si trovò a beneficiarne notevolmente. Da un lato il penitente era solito fare un'offerta in denaro quando otteneva un'indulgenza, dall'altro l'indulgenza stessa consisteva spesso in una donazione per un'opera della Chiesa come un monastero, un'opera d'arte per una chiesa, e così via. È facile comprendere come l'intento iniziale di venire incontro alle esigenze del peccatore pentito iniziasse a pervertirsi, in alcuni casi, in puro e semplice commercio. Si diffuse, inoltre, il fenomeno della questua, cioè la richiesta di denaro per ottenere un'indulgenza, denaro che veniva raccolto dai quaestores mandati da vescovi, conventi, chiese e organismi vari. Il popolo, inoltre, non era sufficientemente preparato e istruito dal clero a comprendere la distinzione tra colpa e pena e si diffuse l'idea che l'indulgenza cancellasse non solo la pena temporale, ma anche la colpa, cioè il peccato vero e proprio: il pentimento diventava meno necessario e la stessa necessità di porsi con umiltà davanti a Dio si appiattiva, perdendo i suoi contorni. La pratica dell'indulgenza aveva perso molto del suo valore primitivo e assunto una notevole meccanicizzazione e, considerati gli ingenti quantitativi di denaro che ne derivavano, aumentò consistentemente il numero degli abusi riducendo la questione ad un vero e proprio commercio con vere e proprie tariffe. Lo scandalo crebbe a proporzioni allarmanti quando cominciarono a circolare scritti papali e vescovili falsi che avevano l'intento di ricavare maggior denaro dichiarando questa o quella nuova indulgenza o che diffondevano puri e semplici errori teologici. Si toccò il vertice del problema quando principi e notabili pretesero di avere una parte dalle indulgenze raccolte poiché racimolate nei loro territori. La pratica dell'indulgenza aveva anche assunto una forte connotazione di obbligo sociale, poiché l'uso era tanto endemico che chi vi si sottraeva appariva come un cattivo cristiano, un peccatore incallito che non avesse umiltà sufficiente a comprendere di dovere espiare le sue colpe. Poiché, inoltre, tutti peccavano, tutti dovevano partecipare e la pratica metteva in ombra le altre vie di penitenza e di santificazione. Andava così persa ogni spontaneità e il valore di crescita morale della pratica stessa. Il Papato era conscio dello scandalo e cercò in diverse occasioni di porre un argine al problema, sia prima che anche in conseguenza della denuncia dell'allora monaco agostiniano Martin Lutero (1515), ma le misure prese non furono sufficienti ad evitare uno strappo irrimediabile: lo Scisma Protestante. Se l'abuso delle indulgenze, infatti, non fu né il solo né il principale motivo a generarlo, fu senza dubbio un elemento scatenante in un periodo di estrema tensione tra le diverse parti e aggravò le divergenze esistenti.

[modifica] Penitenza e sincero pentimento. Le indulgenze oggi

Il Concilio di Trento (1530-1545) usò grande rigore nel terminare gli abusi abolendo le questue e i quaestores di indulgenze. La pubblicazione di queste ultime fu riservata al vescovo e i due membri del Capitolo, da lui incaricati di ricevere le offerte spontanee dei fedeli, non potevano prelevare nessuna quota, anche minima, per loro. Dal XVI secolo ai giorni nostri il sistema delle indulgenze si andò semplificando e il Papato riuscì ad evitare gli abusi passati ponendo grande accento sulla necessità del pentimento, del perdono dato da Dio a seguito della confessione, del valore dell'indulgenza sulla sola pena temporale e della spontaneità delle offerte. Ancora oggi l'indulgenza è in uso nella religione Cattolica, che la considera una parte importante dell'economia della salvezza delle anime. L'indulgenza cancella gli effetti negativi di un peccato che sia stato sinceramente confessato con l'intento onesto di non ripeterlo ed aiuta il peccatore a fortificarsi moralmente e cambiare vita, eliminando da sé progressivamente il male interiore che dovrà ripudiare completamente.

[modifica] Voci correlate

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