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Privacy Policy Cookie Policy Terms and Conditions Antefatti agli attentati dell'11 settembre 2001 - Wikipedia

Antefatti agli attentati dell'11 settembre 2001

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

A margine degli eventi dell’11 settembre 2001 e delle problematiche relative all'informazione ad essi relativa, non bisogna dimenticare che quegli attacchi terroristici non furono i primi sul territorio americano, e che un forte apparato investigativo è sempre in opera in ogni paese per prevenire possibili aggressioni di ogni natura. Questo, naturalmente, in misura ancor maggiore in un paese avanzato come gli USA.

Si cerca qui di analizzare il contesto investigativo antiterroristico statunitense e altre problematiche di carattere politico più generale utili alla comprensione dei fatti.

Indice

[modifica] Rapporti tra Bush e la famiglia Bin Laden

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La versione ufficiale del governo degli Stati Uniti sui rapporti con Osama bin Laden e la sua organizzazione terroristica Al Qaeda è quella di una totale estraneità e indipendenza reciproca. Osama viene definito nelle note ufficiali come “la pecora nera” della sua famiglia, ripudiato per i suoi metodi e le sue idee estremiste, e fortemente avverso alla casa regnante saudita. Se quindi esistono o sono esistiti rapporti d’affari tra la famiglia Bush e la famiglia bin Laden, questi conseguentemente non hanno coinvolto Osama. Vediamo nei dettagli.

Il padre di Osama, lo sceicco Muhammad bin Laden, fu il fondatore di una potentissima dinastia di costruttori, operante con enorme successo nel regno saudita, nell’emirato del Golfo di Ras al Khaimah e in Giordania, per grandi progetti di strade, aeroporti e varie infrastrutture. Il figlio Osama acquisì, negli anni Settanta, l’eredità paterna, potenziando con grande abilità le fortune imprenditoriali dell’azienda.

Negli anni Ottanta Osama abbandonò l’attività manageriale per immergersi nella lotta politica anti-comunista in Afghanistan "con la piena approvazione della famiglia, del regime saudita e della CIA" [1].

Fu proprio grazie ad un contratto con la CIA che Osama e la sua famiglia costruirono le celebri “caverne” rifugio dell’Afghanistan in cui sembra che poi egli si sia nascosto durante la guerra del 2001. L’ex capo dell’ufficio visti americano di Jedda, Michael Springmann, ha poi spiegato fino a che punto gli Stati Uniti appoggiavano questa linea di condotta [2]:

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«In Arabia Saudita mi venne ripetutamente ordinato da funzionari di alto livello del Dipartimento di Stato di rilasciare visti a richiedenti non idonei (…)
Si trattava, essenzialmente, di persone che non avevano alcun legame né con l’Arabia Saudita né con il proprio paese d’origine. Io a quel tempo feci energiche rimostranze. Tornai negli Stati Uniti e mi feci sentire al dipartimento di Stato di qui, all’Ufficio Contabilità Generale, al Bureau of Diplomatic Security e all’ufficio dell’Ispettore Generale. Le mie lamentele furono accolte col silenzio. Ciò cui io mi opponevo era, in realtà un tentativo di portare reclute raccolte da Osama bin Laden negli Stati Uniti perché fossero addestrate al terrorismo dalla CIA. Sarebbero poi state rispedite in Afghanistan per combattere contro i sovietici di allora. L’attacco al World Trade Center del 1993 non intaccò la fiducia del dipartimento di Stato nei sauditi e neppure l’attacco alla caserma americana di Khobar Towers, in Arabia Saudita, avvenuto tre anni dopo, dove morirono diciannove americani. Gli agenti del FBI hanno cominciato ad accorgersi che loro indagini venivano ostacolate. La sorprenderebbe scoprire che ci sono agenti de FBI furibondi perché non possono indagare su certe piste saudite?»

Successivamente, Osama tornò in Arabia dove esercitò la sua influenza sulla famiglia reale per convincerla ad organizzare una forza militare d’intervento per combattere l’Iraq durante l’occupazione del Kuwait. Se dall’11 settembre 2001 i familiari di Osama disconoscono pubblicamente il loro legame col terrorista, numerosi resoconti legali e giornalistici affermano che esistono riscontri in grado di dimostrare che Osama intrattiene legami continui con la propria famiglia [3].

La famiglia bin Laden intrattiene da anni intensi rapporti d’affari con il gruppo Carlyle, una multinazionale statunitense fornitrice del dipartimento della difesa americana. Il «The Wall Street Journal» ha scritto [4]:

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«Se il tentativo di porre termine a quelle che vengono definite le attività terroristiche di Osama bin Laden produrrà una grossa crescita delle spese per la difesa degli Stati Uniti potrebbe esserci un beneficiario inatteso: la famiglia di bin Laden. (…)
Tra gli interessi finanziari, molto estesi, di questo prospero clan saudita – che afferma di essersi del tutto allontanato da Osama – ci sono gli investimenti in un fondo creato dal Carlyle Group, una merchant bank di Washington che ha molti buoni contatti ed è specializzata in acquisizioni di società che operano nel settore della difesa e in quello aerospaziale. Tramite questi investimenti e i suoi legami con i reali sauditi, la famiglia bin Laden ha allacciato rapporti con alcuni dei personaggi più importanti del partito repubblicano. In anni recenti, l’ex presidente Bush, l’ex segretario di Stato James Baker e l’ex segretario alla difesa Frank Carlucci hanno compiuto pellegrinaggi verso il quartier generale della famiglia bin Laden a Jeddah, in Arabia Saudita. Bush fa interventi pubblici per conto del Carlyle Group, ed è consulente di alto livello per il fondo Asian Partners del gruppo, mentre Baker è un consigliere di primo piano»

I rapporti economici privati tra la famiglia presidenziale americana e il clan saudita rientrano naturalmente in una sfera di considerazioni che riguardano la possibilità che l’attuale amministrazione USA non dica tutta la verità su quello che concerne le dinamiche legate al contesto delle guerre mediorientali e delle cause che le avrebbero determinate. Per questa ragione negli Stati Uniti è stata piuttosto intensa la campagna di stampa che ha indagato, ma senza risultati politici, su questi rapporti e sulle conseguenze politico-economiche generali che essi hanno comportato per il paese negli ultimi dieci anni.

[modifica] Ostacoli alle indagini sulla famiglia Bin Laden

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Due giornalisti investigativi, Gregory Palast e David Pallister, hanno condotto un’inchiesta a partire dalle denunce di alcuni agenti del FBI che si erano ripetutamente lamentati che «per ragioni politiche era stato loro impedito (…) di portare avanti indagini approfondite sui membri della famiglia bin Laden», sostenendo che dopo il primo insediamento dell’amministrazione Bush la situazione era peggiorata, tanto che fu detto loro «di fare marcia indietro nelle indagini che coinvolgevano altri membri della famiglia di bin Laden e i reali sauditi»[5].

In particolare, David Ray Griffin cita i seguenti casi di interferenza politica nelle attività dell’intelligence federale americana:

  • il 10 luglio 2001, l’agente Ken Williams dell’FBI di Phoenix spedì alla divisione Antiterrorismo del quartier generale dell’FBI un memorandum (ora di dominio pubblico) riguardante le attività sospette di alcuni mediorientali iscritti a scuole di volo. In esso Williams sosteneva la necessità di istituire un programma investigativo federale per indagare sulle possibili finalità terroristiche di questo ed eventuali altri gruppi. Il quartier generale del FBI non prese mai in considerazione una simile ipotesi di lavoro. [29]
  • nell’agosto del 2001 una scuola di volo di Minneapolis si rivolse al FBI locale sospettando che Zacarias Moussaoui [ritenuto un possibile componente del commando terroristico dell'11 settembre, salvatosi per non essere riuscito a salire su nessuno degli aerei] si fosse iscritto alle loro esercitazioni di volo simulato per progettare l’uso di un Boeing 747 come arma terroristica. Dopo l’arresto, l’FBI di Minneapolis fece richiesta al quartier generale per un’investigazione completa su tutti gli effetti personali di Moussaoui, comprendenti fra l’altro un computer portatile. Dal quartier generale la richiesta passò alla RFU (Unità per il fondamentalismo radicale) da cui risposero agli ispettori di Minneapolis accusandoli “di far perdere tempo alla gente”. Il viceprocuratore del FBI, basandosi dunque su questa reazione infastidita, stabilì che non c’erano legami sufficienti con la rete terroristica di Al Qaeda per concedere il mandato e non inoltrò neppure la richiesta all’ufficio del FISA (Accordo di monitoraggio dell’intelligence straniera). Dopo i fatti dell’11 settembre, il Washington Post scrisse che “fra le cose appartenute a Zacarias Moussaoui vi erano elementi, precedentemente non esaminati, che erano ben più preziosi di quanto si credesse inizialmente”, poiché lo mettevano in relazione “con la principale cellula di dirottatori di Amburgo e con un gruppo affiliato ad Al Qaeda in Malesia le cui attività erano note alla CIA”[6].
  • nel 1998 l’agente del FBI Robert Wright era sulle tracce di una cellula terroristica di Chicago, poiché sospettava che il denaro usato per gli attentati di quell’anno contro le ambasciate USA provenisse da un multimilionario saudita residente in città. Nel gennaio 2001 gli fu dato ordine di sospendere l’indagine, malgrado egli ritenesse di essere in possesso di qualcosa di serio.
  • il 28 agosto 2001 l’Fbi di New York, avendo le prove del coinvolgimento di Khalid Almidhar – uno dei dirottatori dell’11 settembre – nell’attentato contro la corazzata USA Cole, chiese al quartier generale l’apertura di indagini ufficiali. La richiesta venne respinta con la motivazione che il ruolo di Almidhar si sarebbe potuto valutare soltanto facendo ricorso a informazioni strettamente riservate.

[modifica] Precedenti tentativi di "attacchi aerei"

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«Abbiamo concentrato la nostra attenzione su questo criminale, Osama bin Laden, per tre anni, e nonostante ciò non ci siamo accorti di quel che stava per succedere.»
(Vincent Cannistraro, già direttore delle operazioni antiterrorismo della CIA)

Tutte le autorità di intelligence americane preposte alla sicurezza nazionale e alle operazioni anti-terrorismo hanno dichiarato, dal giorno del disastro in poi, che un attacco come quello portato l'11 settembre 2001 era al di fuori di ogni immaginazione, e del tutto imprevisto. In realtà, già nel 1993 il Ministero della Difesa USA aveva commissionato una ricerca sul possibile utilizzo di dirottamenti aerei contro obiettivi nazionali.[7]

Nel 1994, inoltre vi sono stati tre diversi tentati attacchi terroristici contro edifici, attraverso l'uso di aerei dirottati: un DC-10 su Memphis, Tennessee; un jet contro la Casa Bianca, successivamente schiantatosi contro gli alberi del parco; un volo della Air France dirottato ad Algeri.

Come riporta Nafeez Mosaddeq Ahmad nel suo libro Guerra alla libertà[8]:

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«Nel 1995, la CIA e l'FBI hanno appreso che Osama bin Laden stava progettando di dirottare aerei di linea americani al fine di usarli come bombe per attaccare importanti obiettivi negli Stati Uniti. Il piano si chiamava "Progetto Bojinka".

Fu scoperto nelle Filippine, dove furono arrestati due agenti di Bin Laden, Ramzi Yousef e Abdul Hakim Murad. I due erano coinvolti in un attentato contro un aereo di linea filippino. Il "Progetto Bojinka", scoperto dagli inquirenti nel computer portatile di Abdul Murad, prevedeva che venissero sistemate delle bombe su undici aerei di linea americani, e che altri venissero fatti schiantare contro obiettivi come la sede della CIA. [...]
Erano necessari piloti disposti a suicidarsi, come gli aviatori kamikaze giapponesi. Nel 1995 Bin Laden non aveva piloti del genere, ma si accinse a far addestrare alcuni giovani fanatici che desiderassero morire per lui. [...]

Il "Progetto Bojinka" era noto alla CIA e all'FBI. Se ne parlava negli atti del processo di New York contro Ramzi Yousef e Abdul Murad per la loro partecipazione all'attentato del World Trade Center del 1993

Proprio a partire dal processo a Yousef e Murad, le scuole di volo sono state poste sotto sorveglianza dagli organi investigativi federali.

Nel 1996, durante i Giochi Olimpici di Atlanta sono state adottate complesse procedure per prevenire attacchi aerei.

Nel 1999, la Federal Aviation Administration ricordava, nella sua relazione annuale Criminal Acts Against Aviation, la minaccia di Osama Bin Laden [9].

Tra il 2000 e il 2001, la CIA ha trasmesso all'FBI i nomi di circa cento sospetti membri della rete terroristica di Osama Bin Laden che si ritenevano già presenti sul territorio americano. Un cablogramma del 23 agosto 2001 faceva specifico riferimento a due membri in particolare, Khalid al-Midhar e Nawaq al-Hazmi - che verranno poi indicati come due dei presunti dirottatori dell'aereo schiantatosi sul Pentagono.

Nel Luglio 2001, in occasione del vertice del G8 a Genova, sono state installate batterie antiaeree attorno alla città ed impediti tutti i voli da e per l'aeroporto genovese. Si parlò esplicitamente di minacce terroristiche mediante l'uso di aerei suicidi.

Sempre nell'Estate del 2001, tutte le agenzie di sicurezza americane si aspettavano un imminente attacco di al-Qā'ida. [10]. Il Coordinatore Nazionale della Casa Bianca per l'Antiterrorismo, Richard Clarke, ha addirittura lanciato nel Luglio 2001 un esplicito avvertimento alla Federal Aviation Administration (FAA) per l'incremento di alcune elementari misure di sicurezza sugli aerei passeggeri. La FAA, come già precedentemente era avvenuto, ha rifiutato di prendere provvedimenti [11].

Infine, il giorno stesso degli attacchi, il senatore repubblicano dello Utah, Orrin Hatch, affermò che il governo americano aveva intercettato le comunicazioni di Bin Laden, rivelando così che l'Intelligence USA teneva sotto controllo la rete di comunicazioni dei terroristi di al-Qā'ida.

Nafeez Ahmed conclude amaramente[8]:

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«La sistematica inerzia, nonostante il fatto che con sempre maggiore frequenza giungessero allarmi a proposito di una minaccia terroristica portata agli USA dall'aria, indica una caparbia, avventata negligenza da parte del governo americano; una negligenza al massimo grado, che ha le sue radici nella pura e semplice indifferenza alle potenziali perdite umane del popolo americano.»

[modifica] Sorveglianza preventiva

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I servizi segreti statunitensi sapevano, sulla base delle rivelazioni del 1995 sul "Progetto Bojinka" e dei dati raccolti attraverso Echelon, che Osama Bin Laden stava progettando attentati suicidi contro il territorio nazionale.

I dati oggi disponibili confermano che [12]:

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«[l'FBI] teneva sotto controllo parecchi terroristi [...].

Poco prima dell'11 Settembre l'FBI aveva intercettato comunicazioni che facevano capire come stesse per succedere qualcosa di molto grave [...].

Zakariya Mūsawī era stato arrestato quando gli istruttori di volo avevano informato i federali che l'uomo voleva imparare a condurre un Boeing 747, ma non era interessato alla partenza né agli atterraggi.»

Anche Mohamed Atta, ritenuto oggi il capo dei dirottatori era sotto controllo da parte dell'FBI, così come dei servizi segreti egiziani e della polizia tedesca. Malgrado fosse ricercato a livello internazionale per un precedente attentato terroristico compiuto in Israele, Atta sbarca senza problemi a Miami con un aereo proveniente da Madrid il 10 gennaio 2001, in possesso di un visto turistico. Atta dichiara agli ispettori della dogana che sta frequentando una scuola di volo negli Stati Uniti - cosa per la quale è necessario però un visto per motivi di studio (tipo M-1) e non di tipo turistico [13].

Un particolare inquietante riguarda la società di trasporto aereo Britannia Aviation, con base all'aeroporto di Venice (Florida). Questa società è risultata essere una società di copertura della CIA, esentata da ogni forma di controllo (anche giudiziario) per ordine della Drugs Enforcement Administration, facente capo al Dipartimento di Giustizia statunitense. E quasi tutti i terroristi coinvolti nell'attentato si erano addestrati proprio a Venice [14].

Alle segnalazioni interne, si aggiungono anche le numerose informazioni provenienti dall'estero. Nafeez Ahmad scrive come il Presidente russo Vladimir Putin, alcune settimane prima degli attacchi terroristici, avesse messo in guardia "in termini estremamente allarmanti" il Governo statunitense riguardo imminenti attacchi contro edifici governativi [15].

Anche il Presidente egiziano Hosni Mubarak ha dichiarato di aver avvertito gli Stati Uniti circa una grave minaccia terroristica sul loro territorio[16] Non si sa quale sia stata la risposta americana.

Il 6 agosto 2001, l'Ambasciatore tedesco negli USA Ischinger fa pervenire al Presidente Bush una nota riservata della Bundesamt für Verfassungsschutz (i servizi segreti tedeschi), che informa sulla possibilità di attività terroristiche islamiche sul territorio americano tra i giorni 10 e 11 settembre 2001 [17].

Pochi giorni dopo l'attacco, il quotidiano britannico "The Indipendent" riporta la notizia di una intervista concessa verso fine Agosto 2001 da Osama bin Laden in persona al giornale arabo con sede a Londra "al-Quds al-Arabi", in concomitanza della quale venivano attivate alcune misure di sicurezza aggiuntive al World Trade Center di New York [18]

Da ultimo, il quotidiano francese "Le Figaro" del 31 ottobre 2001 riporta [19]:

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«Secondo fonti diplomatiche arabe, e anche secondo i servizi d'intelligence francesi, sono state trasmesse alla CIA informazioni molto specifiche in merito ad attacchi terroristici contro interessi americani in tutto il mondo, incluso il territorio degli Stati Uniti. Un rapporto del DST [i servizi segreti francesi, ndr], datato 7 settembre, elenca tutti gli indizi e specifica che l'ordine di attaccare sarebbe venuto dall'Afghanistan

[modifica] Riscontro di operazioni di insider trading

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Nei giorni immediatamente precedenti la catastrofe, è stata riscontrata una intensa attività di scambi azionari legata alle azioni delle compagnie aeree coinvolte nei dirottamenti.

Nello specifico, l'8 settembre 2001 grandi quantità di azioni della United Airlines - una delle due compagnie coinvolte - vennero vendute "allo scoperto" da investitori rimasti sconosciuti. Questa tipologia di operazione finanziaria consiste nella vendita ad un dato prezzo di titoli non posseduti. Chi la compie deve, entro una certa scadenza, acquistare e consegnare i titoli ceduti al compratore.

Ovviamente, la vendita allo scoperto è un'operazione di tipo speculativo per cercare di comprare al prezzo più basso possibile e vendere al prezzo più alto possibile, talvolta non esente da sospetti di insider trading. Nel caso della United Airlines, si parla di profitti per almeno 2.770.000 dollari, a fronte di una spesa di soli 207.000 dollari.

L'Istituto "Herzliyah", un ente israeliano di politica internazionale per l'antiterrorismo, ha documentato ulteriori transazioni finanziarie relative sia alle due compagnie aeree coinvolte negli attentati (United Airlines e American Airlines), sia varie società che avevano sede presso le Twin Towers. Ad esempio, fra il 6 e il 7 settembre sono state acquistate 4.744 put options su United Airlines al Board Options Exchange di Chicago (per un profitto di circa 5 milioni di dollari), mentre il 10 settembre sono state acquistate 4.516 put options su American Airlines ad un valore sei volte maggiore di quello normale (per un guadagno di circa 4 milioni di dollari). Nessun caso analogo ha riguardato altre compagnie aeree negli stessi giorni.

Sempre fra il 7 e il 10 settembre sono state acquistate 2.157 put options della Morgan Stanley Dean Bitter & Co. (società che occupava 22 piani del World Trade Center) e di 12.215 put options della Merril Lynch & Co. (società con sede vicino al WTC). Soprattutto per la prima società il movimento è stato decisamente sospetto, dato che precedentemente non si superava la media di 27 opzioni al giorno; per la seconda, la media era di 252 opzioni al giorno. Anche qui i guadagni si misurano nell'ordine di milioni di dollari: 1,2 milioni nel caso della Morgan Stanley, quasi 5,5 nel caso della Merril Lynch [20]

N. M. Ahmad sostiene che[8]:

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«Queste transazioni finanziarie multiple, così imponenti e senza precedenti, indicano senza margini di dubbio che c'erano investitori che stavano speculando in anticipo sulla catastrofe di metà Settembre 2001, che avrebbe coinvolto la United Airlines, l'American Airlines e gli uffici delle Torri Gemelle – un chiaro segnale del fatto che sapevano in anticipo, o addirittura erano coinvolti negli attacchi dell'11 settembre.»

Anche il Presidente della Bundesbank tedesca Ernest Welteke ha afferma sul New York Times del 28 settembre 2001 che sui mercati:

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«[...] ci sono stati movimenti di grande importanza, e l'aumento del prezzo del petrolio verificatosi proprio prima degli attacchi è altrimenti inspiegabile.»

Perfino l'autorevole quotidiano Gran Bretagna The Times scrive il 18 settembre 2001 [21]:

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«Le autorità americane stanno indagando su una quantità insolitamente consistente di azioni di linee aeree, compagnie di assicurazioni e fabbriche di armi che sono state svendute nei giorni e nelle settimane precedenti agli attacchi. Ritengono che le vendite siano state fatte da persone che sapevano dell'imminente disastro.»

[modifica] Bibliografia

  • Nafeez Mosaddeq Ahmad (trad. Piero Meneghelli), Guerra alla libertà: il ruolo dell'amministrazione Bush nell'attacco dell'11 settembre, Ed. Fazi, Roma, 2002, ISBN 8881123649

[modifica] Riferimenti e note

  1. Vedi [1]
  2. Vedi [2]
  3. Rapporti tra Osama e la sua famiglia [3]
  4. Bin Laden Family Could Profit from a Jump in US Defense, “Wall Street Journal” del 27 settembre 2001
  5. Dichiarazioni di Gregory Palast e David Pallister [4]
  6. New York Times del 22 dicembre 2001
  7. Cfr. [5] (file .pdf)
  8. 8,0 8,1 8,2 Cfr. N.M. Ahmad, op. cit., pag. 73. Cfr. anche [6]
  9. Criminal Acts Against Aviation, relazione del 1999 della Federal Aviation Administration [7]
  10. Attesa di un attacco di Al-Qaida nell'estate 2001: [8]
  11. Esiste un ampio dibattito giornalistico negli Stati Uniti sul comportamento degli organi ufficiali preposti alla sicurezza dei voli e sul presunto lassismo della Casa Bianca (risalente all'amministrazione Clinton) in merito al problema della aviazione civile. Cfr. [9], [10], [11] e [12]
  12. Cfr. [13] e [14]
  13. Cfr. [15]. Cfr. anche The Washington Post del 28 ottobre 2001; The Observer del 30 settembre 2001; BBC News del 26 novembre 2001
  14. Cfr. [16]
  15. Cfr. [17] e [18].
  16. Cfr. [19]
  17. Qui è possibile leggere la traduzione del documento originale
  18. Cfr. [20].
  19. Cfr. [21].
  20. Cfr. [22], [23], [24] e [25]
  21. Cfr. [26]. Cfr. anche [27] e [28].

[modifica] Collegamenti esterni

[modifica] Articoli relativi ai rapporti tra Bush e i Bin Laden

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