Infinito
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«Solo due cose sono infinite, l'universo e la stupidità umana, e non sono sicuro della prima. »
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L'infinito (dal latino "finitus", cioè limitato con prefisso negativo in-, e solitamente denotato dal simbolo ) è la qualità di ciò che non ha limiti.
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[modifica] Matematica
Il concetto matematico di infinito ha la sua naturale collocazione nella teoria degli insiemi: un insieme A si dice infinito se ogni suo sottoinsieme finito è un sottoinsieme proprio. Una definizione alternativa è la seguente: un insieme A è infinito se esiste un'applicazione biunivoca di A in un suo sottoinsieme proprio A'. In altre parole, A è infinito se e solo se è equivalente a un suo sottoinsieme proprio).
È possibile fare una distinzione tra differenti gradi di infinità dal momento che possono essere individuati insiemi infiniti che hanno una cardinalità più grande degli altri. Georg Cantor sviluppò la teoria dei numeri cardinali transfiniti, in cui il primo numero transfinito è aleph-zero , che corrisponde alla cardinalità dell'insieme dei numeri naturali. Il successivo grado di infinito noto è . L'infinito corrispondente alla cardinalità dei numeri reali viene generalmente indicato con c. Il problema se , vale a dire dell'esistenza o meno di una cardinalità intermedia tra queste due, è la cosiddetta ipotesi del continuo. Nel 1940 Kurt Gödel dimostrò che tale ipotesi è coerente con gli assiomi di Zermelo - Fraenkel (con o senza l'assioma della scelta); nel 1963 Paul Cohen ha poi dimostrato che anche la negazione di tale ipotesi è coerente con quegli assiomi; il risultato finale è che l'ipotesi del continuo non è né dimostrabile né refutabile.
Cantor sviluppò anche la teoria dei numeri ordinali transfiniti, che generalizzano agli insiemi infinti la nozione di ordinamento e di posizione di un elemento all'interno di un ordinamento.
Una menzione a parte merita l'analisi non standard, introdotta da Abraham Robinson nel 1966: al contrario dell'analisi matematica comune, in essa gli infiniti (indicati con Ω) e infinitesimi (ε) hanno piena cittadinanza tra i numeri, e assieme ai reali formano i numeri iperreali. Ad esempio 1 e 1+ε sono numeri distinti. Al contrario dei numeri complessi, è possibile un ordinamento dei numeri iperreali grazie al concetto di ultrafiltro. L'analisi non standard è perfettamente coerente, e anzi semplifica molti teoremi sia di calcolo infinitesimale che di teoria dei numeri.
Un esempio è il teorema di Goodstein, che può essere risolto solamente mediante le proprietà degli ordinali transfiniti, mentre non è dimostrabile con i soli assiomi di Peano.
In topologia, l'insieme reale esteso è l'unione dei numeri reali con due punti, indicati con e . In simboli:
La relazione d'ordine si estende a questi nuovi punti ponendo:
- , per ogni x reale.
[modifica] Filosofia
[modifica] Presocratici
Il concetto di infinito ha maturato il suo ruolo e la sua ricchezza di sensi molto lentamente nel corso della storia della filosofia occidentale. L'Infinito non fu infatti fin dall'inizio l'oggetto specifico del dibattito, ma dopo l'accenno oscuro di Anassimandro, il termine scivolò grammaticalmente dal ruolo di soggetto a quello di predicato, diventando una qualità (negativa) atta a determinare ciò che dell'Essere non si può dire (e pensare). Questo è il valore che all'aggettivo viene attribuito prima dai Pitagorici e poi da Parmenide di Elea (Sulla natura - circa 515 a.C.). Con Zenone di Elea la tradizione si arricchisce di quella dimensione logico-linguistica che è uno degli aspetti più caratteristici del pensiero greco, poiché il discepolo di Parmenide è ritenuto, con i suoi Paradossi, il primo ideatore del metodo dialettico. Diversa invece la posizione di Melisso di Samo (Sulla natura - metà del V sec.), che riporta il baricentro del dibattito sulla possibilità dell'Infinito di rappresentare una qualità positiva dell'Essere, anzi: la sua determinazione costitutiva, accanto a quella dell'eternità. Sulla scia di Melisso si apre nel dibattito una "terza via", accanto a quella metafisica e logico-linguistica: la via naturalistica. I suoi rappresentanti furono Anassagora (Sulla natura, dopo il 460 a.C.) e Democrito (Testimonianze e frammenti, circa 400 a.C.). Con l'interpretazione dei due pensatori, il concetto di infinito entra a pieno titolo nell'ambito della realtà fisica, nel primo come qualità relativa dell'essere, nel secondo come superamento del paradigma arcaico del cosmo come luogo finito e circoscritto. Entrambe le concezioni non ebbero un seguito immediato, ma erano destinate, soprattutto quella di Democrito, a riemergere nel pensiero moderno.
[modifica] Periodo Classico
Malgrado la loro importanza nella storiografia filosofica, Platone (Filebo, dopo il 360 a.C.) e Aristotele (Fisica, IV sec. a. C.) non lasciarono un segno particolare nella tradizione riguardo all'infinito; essi appaiono, in questa come in altre problematiche, piuttosto conservatori e aderenti alla tradizione culturale profonda della loro civiltà.
[modifica] Neoplatonismo e periodo Ellenistico
Da Plotino (Enneadi, 253 d.C.), invece, il pensiero greco si apre agli influssi provenienti da regioni culturali fino ad allora inusitate: le culture indiana e mediorientali e la tradizione ebraica costituiscono per il filosofo di origine egiziana una stimolo non tanto a difendere ad ogni costo il modello culturale classico platonico e aristotelico, quanto a tentare di razionalizzare gli aspetti più influenti di quelle culture entro gli schemi linguistici dei due grandi maestri. Uno degli effetti di questa operazione è l'inclusione del concetto di infinito negli schemi della metafisica di carattere religioso allora in voga nelle comunità intellettuali alessandrina e siriana: diventando proprietà del principio divino, il concetto di infinito si carica di connotazioni filosofico-trascendenti che allargheranno il dibattito successivo verso esiti del tutto divergenti rispetto alla sua forma iniziale. Ciò si può misurare fin dal XII secolo, con l'anonimo Liber XXIV philosophorum e la famosa definizione di Dio come "sfera infinita" in esso contenuta. Con questo viraggio semantico operato dalla cultura tardo-ellenistica di tradizione neoplatonica, il problema diventa non più quello di conciliare l'idea di infinito coi limiti di un universo finito qual era quello classico e tolemaico, ma di superare il modello argomentativo logico aristotelico con l'uso esplicativo della metafora come veicolo per giustificare i principi della fede con gli strumenti della razionalità umana.
[modifica] Medioevo
La svolta della modernità filosofico appare, attraverso il pensiero di Nicola Cusano (De docta ignorantia, 1440), come la ricerca di una conciliazione tra finito e infinito, tra uomo e Dio: la teoria della coincidentia oppositorum consiste infatti nella trasformazione dell'infinito in una dimensione assoluta cha fa da sfondo all'indeterminata possibilità dell'uomo di accrescere la sua conoscenza. L'uomo non raggiungerà mai la comprensione dell'assoluto, ma la sua dignità (e in questo valore si rifletterà tutta la cultura rinascimentale) consiste proprio nel potenzialmente infinito progredire dello spirito. Sulla stessa lunghezza d'onda si muove Giordano Bruno; ma la novità del filosofo italiano consiste nel radicalizzare in senso naturalistico-panteista gli sviluppi metafisici e matematici del concetto di infinito. Nei suoi celebri dialoghi cosmologici, Bruno elabora una concezione dell'infinito come Universo che può essere considerata - in parallelo alla nascita della teoria copernicana - "l'atto di nascita" dell'astronomia moderna.
[modifica] Periodo Moderno e oltre
Il concetto di infinito non sparisce dall'orizzonte della filosofia occidentale con la fine del Rinascimento, ma penetra attraverso il pensiero di Spinoza nella sfera culturale della rivoluzione scientifica, per connotare in senso metafisico l'idea stessa di razionalità tipica di quel periodo. Spinoza appare dunque come il pensatore attraverso la cui opera (Etica, 1677 op. postuma), l'idea di infinitezza come attributo immanente della ragione, come possibilità indeterminata della ragione di autogenerarsi autonomamente a partire da leggi eterne sue proprie, entra definitivamente nel mondo moderno. Il fenomeno stesso dello "Spinozismo", cioè la storia degli effetti che la sua opera ebbe nella cultura tedesca tra '700 e '800, è una delle matrici del grande dibattito sull'assoluto che si sviluppò nel cuore dell'Idealismo tedesco. Ed è proprio attraverso Spinoza che la discussione sull'Infinito viene a coincidere, per un tratto importante del suo sviluppo, con la discussione sull'assoluto.
[modifica] Voci correlate
Storia della filosofia | Filosofi | Discipline filosofiche | Opere filosofiche