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Banca Popolare di Milano

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Il logo della Banca Popolare di Milano
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Il logo della Banca Popolare di Milano

La Banca Popolare di Milano è una società cooperativa a responsabilità limitata fondata a Milano nel 1865. E' la dodicesima banca in Italia, quinta tra le popolari, seconda tra gli istituti di credito cooperativi.
Il presidente del Consiglio di amministrazione è Roberto Mazzotta, il direttore generale è Fabrizio Viola e il vice direttore generale Antonio Colli.

Può contare su una forza lavoro di oltre 6.000 dipendenti-soci (che salgono a 8.000 considerando il gruppo Bipiemme) e 1.400.000 clienti. Ha una presenza interregionale nel territorio con le sue 600 filiali, con una forte concentrazione in Lombardia (442 agenzie). Lo sviluppo su base nazionale è stato raggiunto grazie alle numerose acquisizioni che l'hanno vista protagonista, tra cui la Banca Popolare di Roma, la Banca Briantea, Banca Agricola Milanese, Banca Popolare Cooperativa Vogherese, Banca Popolare di Bologna e Ferrara, Banca Popolare di Apricena, Ina Banca, Cassa di Risparmio di Alessandria e Banca di Legnano.

Indice

[modifica] La storia di Banca Popolare di Milano

La Banca Popolare di Milano nacque con l'intento di creare una cooperativa di credito capace di assicurare ai propri soci una sostenibilità e una competitività di fronte alla crescente forza dell'alta borghesia nella crescita industriale che caratterizzava la fine dell'800 nel capoluogo lombardo.

La caratteristica popolare, che già aveva avuto successo in Germania e in Belgio, fu sicuramente ispirata dalla vicina Banca Popolare di Lodi di Tiziano Zalli, amico del fondatore di BPM, Luigi Luzzatti.

[modifica] Il comitato promotore della banca

Fu proprio Luzzatti, il 28 ottobre 1864 a comunicare a Zalli l'esistenza a Milano di un comitato promotore per una banca popolare cittadina. Il comitato nacque da una precedente commissione, istituita dall'allora sindaco Antonio Beretta con il compito di promuovere la creazione di una nuova azienda bancaria, denominata "Compagnia del credito sul lavoro di Milano". La compagnia si sciolse poco dopo, ma lasciò in Luzzatti (responsabile della stesura del programma) l'idea che un istituto popolare fosse pronto a nascere sul suolo meneghino.

Solo nel Febbraio del 1865 si riuscì a nominare un consiglio di amministrazione provvisorio composto dallo stesso Luzzatti, oltre a Francesco Viganò, Aristide Gabelli, Alessandro Romanelli, Luigi Bossi, Giovanni D'Italia, Filippo Binda, Giovanni Spertini, Giuseppe Brusadelli, Giovanni Battista Colombo, Giacomo Cattadori oltre ad un certo Tresoldi (di cui non si hanno altre notizie).

[modifica] Le prime assemblee e la fondazione

Il 3 agosto 1865, in un'assemblea a cui presero parte 350 cittadini di ogni ceto, si preparò l'istituzione della Banca Popolare di Milano e del suo statuto. Luigi Luzzatti convocò la prima assemblea straordinaria il 21 agosto dello stesso anno, alla quale parteciparono 184 soci. Il 7 dicembre 1865 in una sala di Palazzo Marino si svolse l'ultima assemblea preparatoria e nella stessa sede, il 12 dicembre fu redatto l'atto notarile di costituzione della Società Anonima a Responsabilità Limitata denominata Banca Popolare di Milano.

[modifica] L'avvio dell'attività creditizia

L'attività ebbe inizio ufficialmente il 25 gennaio 1866, grazie all'apporto di 404 diversi soci che avevano sottoscritto 1.086 azioni per un capitale di 56.000 Lire. Lo statuto prevedeva un limite massimo di 50 azioni per ciascun socio ad un prezzo di 50 Lire cadauna, pagabili anche ratealmente. Il primo anno di attività raccolse grande interesse attorno alla neonata Banca, tanto che si accolsero 700 nuove domande di associazione, capaci di far salire il capitale sociale (quasi interamente versato) a 220.000 Lire e accantonarne altre 8.000 per le riserve. La crescita fu costante e dopo i primi cinque anni di attività si raggiunsero risultati eccelsi: 2.500 soci possedevano 29.706 azioni e il capitale versato era salito a 1.500.000 di Lire.

[modifica] L'importanza dell'anima popolare

I grandi risultati raggiunti non avevano fatto altro che attirare i capitali dell'alta borghesia milanese, aumentando di fatto il distacco della minoranza operaia all'interno dell'azionariato. Il legame con le fasce più deboli dell'economia cittadina fu, fin dall'inizio, uno dei capisaldi dell'attività della Banca Popolare. Si capì subito che la classe operaia non era abituata al credito: lo evitava temendo di indebitarsi o ne abusava servendosi male di questa possibilità. Fu così imposto un limite al voto capitario (sancito dall'art. 11 dello statuto) utile a costituire una buona garanzia per i soci meno abbienti.

[modifica] Il credito agricolo

Le difficoltà riscontrate dall'attività agricola erano ben note al fondatore Luzzatti, che fu il primo a richiedere alla Banca Popolare uno sviluppo in questo senso. In seguito all'Unità d'Italia le campagne erano in una situazione tutt'altro che favorevole: la cronica difficoltà nel recuperare i capitali utili ad ammodernare le macchine agricole era accentuata dagli alti interessi applicati sui titoli di Stato che favorivano la fuga degli investimenti dalle campagne. Questo, unito alla rivoluzione industriale fecero precipitare le capacità economiche dei contadini, che dovevano spesso affidarsi all'usura per sostenere la propria attività. Solo il Monte frumentario veniva loro in aiuto.

La vicina Banca Popolare di Lodi fu il primo istituto ad accorgersi di questo settore e ad istituire nuove filiali vicine alle realtà contadine, fuori dalle mura cittadine. L'interesse di BPM però, era quello di non instaurare nuove agenzie ma di concentrare tutta l'attività sull'unica sede milanese, contando sulla centralità del capoluogo Lombardo per l'attrazione di capitali nazionali ed esteri. La vicina Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde aveva seguito una strategia più decentralizzante con la nascita di nuove filiali, restando però lontano dal credito agricolo privilegiando i mutui ipotecari e i titoli pubblici.

La Banca Popolare di Milano nella persona del suo fondatore, offrì la propria disponibilità per entrare nel settore del credito agricolo. L'amministrazione però e soprattutto il nuovo presidente, Lisiade Pedroni decisero di rinunciare all'apertura verso il settore primario, lasciando aperta la porta per la nascita di un nuovo istituto di credito specializzato: la Banca Agricola Milanese. Correva l'anno 1874 e venne fondata la banca con la quale BPM strinse fin da subito stretti accordi di collaborazione, che sfociarono poi nella completa acquisizione del 1997.

[modifica] La definitiva consacrazione

Durante la lunga presidenza di Lisiade Pedroni la banca raggiunse la definitiva consacrazione a protagonista di grande successo tra gli istituti di credito popolari in particolare e commerciali in generale. Verso gli inizi del 1870 si ebbe un generale aumento della produzione, soprattutto nei grandi centri settentrionali, Milano su tutti. Il generale risveglio dell'economia accentuò la crescita bancaria che si trasformò in un vero e proprio boom con la nascita di nuovi e numerosi istituti di credito. In questo clima di fiducia la Popolare di Milano fece la parte del leone facendo registrare nuovi record per la giovane azienda meneghina: i depositi in conto corrente passarono da 3 milioni del 1870 a 14 milioni del 1872 ponendo la banca al secondo posto nella capacità di raccolta di risparmio, dietro solo alla Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde. La Cariplo era in effetti leader del mercato con una raccolta di 214.438.000 Lire, un risultato raggiunto soprattutto grazie alla presenza delle diverse agenzie sul territorio, in contrapposizione con quanto scelto dalla Popolare che fino ad allora non aveva aperto altri sportelli oltre quello della sede cittadina.

La nuova forza di BPM le consentì di superare brillantemente la crisi del 1873 che costò cara a molti altri istituti bancari. Fu proprio per superare questa crisi che la banca istituì, così come già fatto proprio dalla Cariplo, i Libretti di risparmio al portatore, una nuova modalità di gestione del risparmio che consentiva alla banca di raggiungere anche i ceti meno agiati, che più erano diffidenti nei confronti dei conti correnti.

[modifica] Le prime agenzie

Agli inizi del 1880 iniziò a maturare l'idea di aprire nuove filiali sul territorio comunale, così da poter essere più vicini ai piccoli operai e ai commercianti, che più facilmente avrebbero potuto raggiungere l'agenzia più vicina, senza dover distogliere troppo tempo dal proprio lavoro per raggiungere l'istituto centrale. L'avventura però non iniziò con i risultati sperati: le prime due agenzie sorsero nel 1881 all'interno dei quartieri di Porta Genova e Porta Ticinese, ma dopo soli due anni di attività, nel 1883 l'amministrazione decise di chiuderle.

Questa esperienza segnò in maniera indelebile il futuro di Banca Popolare di Milano: da quel momento in poi il Consiglio di amministrazione si rivelò sempre contrario all'apertura di nuove agenzie nella città. Si dovranno aspettare quasi trent'anni per vedere un'inversione di tendenza: solo nel 1909 la dirigenza prese in considerazione la possibilità di inaugurare nuove filiali. Sulla scia di altre grandi banche che avevano da tempo percorso questa strada, la Popolare scelse inizialmente di aprire un'agenzia fuori dal comune milanese: Sesto San Giovanni potreva essere uno snodo strategico, con i suoi 12.000 abitanti e i grandi stabilimenti industriali, la nuova succursale avrebbe potuto attirare interessanti capitali per la banca. L'istituto, che in quel periodo era la più grande banca popolare italiana, aveva molta fiducia sulla strategia centralizzante che fino ad allora aveva riscosso così tanto successo e non vedeva di buon grado l'apertura di nuovi sportelli che in passato erano costati sfortunati investimenti. Solo nel 1911, sotto la presidenza di Francesco Mira (1911-19), l'istituto riuscì a promuovere la creazione di un'unica nuova agenzia: era il primo Agosto 1911 e la nuova agenzia di Porta Vittoria (Milano, via F.lli Bronzetti, angolo C.so XXII Marzo) diede inizio alla ramificazione delle attività creditizie della Banca Popolare di Milano. Questa nuova avventura si rivelò sin da subito molto promettente: già sul finire del 1913 la dirigenza poté annunciare l'apertura di oltre 400 nuovi conti e una rimanenza di 1,3 milioni di lire.

[modifica] La grande guerra

La continua crescita e la costante espansione che fino ad allora avevano caratterizzato la vita di BPM furono per la prima volta messi seriamente in discussione da un evento tanto generale quanto catastrofico: la prima guerra mondiale. Era il 4 agosto 1914 e già da una settimana le principali piazze borsistiche avevano dato forti segni di nervosismo, registrando ingenti perdite e trascinando con sé anche le nazioni che inizialmente si erano dichiarate neutrali, come gli Stati Uniti e la stessa Italia.

L'introduzione della scontata moratoria, provocò un repentino quanto atteso calo dei depositi, che passarono in un solo mese, da 62 a 54 milioni milioni di Lire nel settembre del 1914. Di lì a poco Milano si sarebbe trovata al centro di una frenetica produzione industriale, spinta dall'eccezionale domanda dello Stato che, per far fronte all'enorme sforzo bellico, necessitava di continui approvvigionamenti di mezzi ed armi oltre ad un'importante investimento per l'evoluzione tecnologica. La domanda aggregata poteva così restare su alti livelli, per lo più in una piazza come Milano dove la Banca Popolare godeva di grande fiducia nei confronti dei cittadini e dei principali investitori.
Il primo cinquantenario (1865-1915) non fu naturalmente festeggiato, ma nonostante l'ingresso in guerra dell'Italia, il totale dei depositi riprese la sua ascesa, arrivando a 80 milioni nel 1917 e a 90 milioni nel 1918.
L'ultimo anno di guerra portò una ventata di ottimismo all'economia italiana e la tanto attesa pace portò una nuova crescita per la Banca Popolare che vide salire i depositi a 108 milioni di Lire. La fine della guerra però provocò un aumento dell'inflazione causato dalla ripresa della circolazione del denaro. Questo, unito al debito pubblico, all'indebolimento della Lira nei confronti delle altre valute forti, al calo del potere d'acquisto e all'aumento del costo delle materie prime resero comunque difficile il periodo post bellico.

Nel contesto economico italiano ed occidentale, la Grande guerra fu l'occasione per l'emancipazione della donna e l'ingresso nel mondo del lavoro. La Banca Popolare di Milano aveva già intrapreso questa strada da qualche anno: nel febbraio del 1911 l'incremento del lavoro d'ufficio fu l'occasione per aprire le porte della professione bancaria al gentil sesso. Per la prima volta nella storia di BPM, il direttore dell'unica agenzia fu autorizzato ad assumere personale femminile.

[modifica] BPM e il fascismo

Durante la Marcia su Roma e la conseguente ascesa al potere del Partito Nazionale Fascista, a capo della Banca Popolare di Milano c'era Filippo Meda, al quale verrà poi intitolata la piazza nella quale sorge l'attuale sede meneghina della banca. Proprio a Meda si deve l'introduzione della quota di utile destinata ai dipendenti (pari al 10%), nelle modifiche apportate allo statuto il 6 febbraio del 1920. Filippo Meda era un personaggio di primo piano del movimento cattolico italiano e aveva già ricoperto cariche istituzionali nei precedenti governi; questi aspetti, uniti alle critiche avanzate dallo stesso Meda nei confronti della politica monetaria del partito fascista incrinarono definitivamente i rapporti tra la Banca Popolare e il governo del Duce. Si arrivò così alle dimissioni avanzate da Meda e rientrate solo dopo l'intervento del fondatore nonché presidente onorario Luigi Luzzatti.

Proprio in quei giorni però, il 29 marzo 1927 si spense a Roma il Deus ex machina di BPM: Luigi Luzzatti. La scomparsa del punto di riferimento dell'allora dirigenza favorì l'allineamento della banca con le direttive del partito fascista: Meda infatti si allontanò dall'amministrazione ed evitò di partecipare all'assemblea che elesse a nuovo presidente Giuseppe Borgomaneri. Altri esponenti vicini all'ideologia fascista salirono ai vertici della Banca Popolare, come il vice presidente Ulisse Gobbi e altri cinque consiglieri. L'ascesa fascista alla direzione di BPM fu completata con le dimissioni del direttore generale, Gerolamo Pirinoli (da sempre vicino a Meda) sostituito da Arnaldo Dini.

[modifica] La crisi del '29

Dalla seconda metà degli anni 20 la situazione economica italiana era entrata in una fase di stallo: diversi erano i motivi della stagnazione tra i quali l'introduzione della cosidetta quota 90 concorreva ad un generale calo della produzione e ad un preoccupante abbassamento dei salari. Sul finire di quel decennio, la crisi del 1929 che paralizzò l'economia Americana, trascinò con sé dapprima i paesi che avevano richiesto un aiuto economico da parte degli States, come Gran Bretagna, Austria e Germania, e poi coinvolse anche Francia e Italia. I primi anni 30 avevano portato sul baratro molte grandi industrie e con loro, tutti gli istituti di credito caratterizzati da ampie partecipazioni in queste aziende. Solo l'intervento dell'IRI, così come previsto dalle teorie Keynesiane, salvò le grandi banche come la Banca Commerciale Italiana, il Credito Italiano e il Banco di Roma, mentre tutti gli altri piccoli istituti bancari perirono.

La Banca Popolare di Milano non aveva mai scelto la strada dell'investimento nelle grandi attività industriali e risentì quindi in maniera relativa della crisi. Ci fu comunque una riduzione dei depositi di 5 milioni (saliti a 10 milioni alla fine del '33) e per la prima volta, la banca si era trovata ad affrontare un problema di liquidità. Nel milanese, oltre alla Popolare anche la Cariplo, la Banca Agricola Milanese, la Banca Cesare Ponti (oggi parte del Gruppo Carige), la Banca Bellinzaghi (acquisita nel 1983 dal Credem) riuscirono a salvarsi dal fallimento o dall'acquisizione da parte dello Stato.

[modifica] La nuova sede della banca

E' in questo periodo di crisi e di decellerazione che la Popolare di Milano ebbe la forza di portare avanti e concludere un progetto iniziato quasi 10 anni prima: la nuova sede cittadina della banca.
Gli studi per la nuova sede iniziarono già nel 1923 e furono affidati ad una commissione guidata dal consigliere Enrico Belloni e due anni dopo, i lavori di progettazione furono affidati all'architetto Giovanni Greppi. Per costruire la nuova sede della banca, sita in piazza Crispi (oggi piazza Meda) furono demoliti diversi palazzi, atto necessario per lasciare spazio ai 3.650 mq necessari al salone centrale e agli uffici posti sopra di esso.

Lo stabile, che ancora oggi è la sede ufficiale e storica di Banca Popolare di Milano, nonché base dell'agenzia 0, fu conclusa nel 1931 ed inaugurata l'8 dicembre dello stesso anno.

[modifica] La seconda guerra mondiale

Prima della seconda guerra mondiale il regime fascista aveva imposto severi limiti sulla diffusione territoriale delle banche popolari, che avrebbero dovuto rimanere all'interno della provincia di fondazione, senza poter quindi aprire nuovi sportelli nelle provincie limitrofe. Sull'orlo del baratro della più grande guerra mai combattuta dall'umanità, BPM pagò, come tutte le aziende italiane dell'epoca, il suo prezzo nei confronti del conflitto. Già nel 1941 80 impiegati furono chiamati alle armi e si pensi che in quel periodo l'organico della banca non raggiungeva le 800 unità.
E' in questo periodo che, nonostante tutto, ci sarà una proficua rivoluzione del personale bancario: 301 persone furono assunte durante la guerra, di cui il 43,5% di sesso femminile. Alcune di queste, il 28%, furono chiamate dalla banca per sostituire i mariti al fronte. E' in questi anni che si allunga la durata del servizio bancario, i neo assunti del periodo bellico e post bellico saranno i futuri dirigenti e quadri che condurranno al meglio la banca durante il boom economico, portando l'istituto di credito meneghino ad essere uno dei maggiori protagonisti nel panorama prima settentrionale e poi nazionale.

Durante la guerra, i bombardamenti del 24 ottobre 1942 distrussero le agenzie di via Principe Umberto e del Macello. Già da qualche anno però la Banca Popolare si era adoperata per evitare la perdita di dati e soprattutto di valori durante il conflitto: dal 1939 i contenuti dei mezzi forti erano stati trasferiti in località più sicure ed erano stati presi provvedimenti in tal senso per il loro trasferimento. Dal 1940 una seconda contabilità era mantenuta e aggiornata in una provincia lontana e la sede centrale aveva subito delle ingenti opere di rafforzamento e protezione delle strutture che avrebbero dovuto assorbire pesanti vibrazioni dovute ai bombardamenti alleati.

Nel periodo bellico la scarsa diffusione delle banconote spinse la Popolare, come molti altri istituti di credito, a stampare su carta filigranata dei particolari assegni circolari da 50, 100 e 250 Lire. La crisi però, non riguardava solo l'insufficiente circolo del danaro, ma anche e soprattutto la fuga delle grandi industrie, la chiusura dei negozi e la sospensione della maggior parte delle attività commerciali. E' in questo periodo di difficoltà che la banca acquisì il servizio di tesoreria per alcuni comuni ed enti della provincia di Milano e Varese, oltre alla gestione dei valori bollati iniziata nel 1940 assieme alla Cariplo. Servizio di tesoreria che ai giorni nostri continua in concomitanza con l'erede della Cassa di Risparmio: Banca Intesa.

Nonostante la crisi bellica, alla fine della seconda guerra mondiale la Banca Popolare di Milano poteva contare su 33 agenzie e 5 filiali, oltre 31.000 soci possedevano 1.360.000 azioni per un capitale di 68 miliardi di Lire. Delle 33 agenzie, ben 13 erano fuori dal comune di Milano: nella provincia si trovavano a Magenta, Vittuone, Magnano, Rho, Novate, Varedo, Meda, Macherio, Cusano Milanino e Sesto San Giovanni; nella provincia di Varese c'erano Cavaria, Cassano Magnago e Saronno.

[modifica] Banca Popolare di Milano e Piazza Affari

BPM è quotata alla Borsa di Milano ed è presente nell'indice S&P Mib, il paniere che racchiude le azioni delle 40 principali società. E' la decima banca italiana per capitalizzazione, con 5 miliardi di euro:

[modifica] Banca Popolare di Milano e la sua città: Milano

Banca Popolare di Milano ha fin dalla sua nascita avuto una grande attenzione nei confronti della città di Milano e dei suoi abitanti. Non a caso il nuovo Centro Servizi di Banca Popolare di Milano è stato realizzato sull'ex base industriale di Farmitalia, un'area ormai dismessa che grazie all'apporto di BPM ha ricevuto nuova linfa vitale, che, come ha riportato lo stesso Presidente Mazzotta "contribuise al risanamento e all'avvio di una nuova vita in un quartiere di Milano e concorre quindi alla crescita e alla trasformazione della nostra città".

Banca Popolare di Milano può contare su un'importante presenza all'interno del comune di Milano, grazie alle 114 agenzie del gruppo Bipiemme sparse per la città. Basti pensare che nel comune meneghino ci sono più agenzie Bipiemme che uffici postali (112).

[modifica] Il gruppo Bipiemme

Banca Popolare di Milano (o BPM) è la capogruppo del gruppo Bipiemme, che comprende:

  • Banca Akros SpA
    • Akros HFR Alternative Investiments SGR SpA
    • Akros Securities Inc. U.S.A.
  • Banca di Legnano SpA
  • Bipiemme Gestioni SGR SpA
  • Bipiemme Immobili SpA
  • Bipiemme Private Banking SIM SpA
  • Bipiemme Vita SpA
    • Ultramedia srl
  • BPM Capital llc - Usa
  • BPM Ireland Plc
    • BPM Fund Management ltd (Dublino)
  • BPM Luxembourg SpA Lussemburgo
  • Cassa di Risparmio di Alessandria SpA
  • Ge.Se.So. srl
  • We@service SpA
  • Tirving ltd Dublino

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