Avito
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Marcus Maecilius Flavius Eparchius Avitus (c. 395 - 456) imperatore romano d'Occidente dal 455. Era di origine gallo-romana, proveniva dall'Avernia ed era di famiglia senatoria.
Dapprima studiò legge, ma poi si dedicò alla carriera militare e nel 437 fu nominato magister militum. Fu lui a portare la pace durante la guerra contro i visigoti e fu lui a convincere il loro re, Teodorico I, con cui aveva stretto amicizia, a combattere a fianco del generale Flavio Ezio contro Attila ai Campi catalauni (Châlons). Teodorico cadde in battaglia, ma Attila fu sconfitto. Inoltre il figlio e successore, Teodorico II, entrò in confidenza e amicizia con Avito.
Nel 455 fu richiamato in servizio dall'imperatore Petronio Massimo, che gli diede di nuovo la carica di magister militum e lo inviò in missione diplomatica presso Teodorico II dei visigoti. E fu proprio alla corte del sovrano visigoto, a Tolosa, che gli giunse la notizia della morte della tragica morte di Petronio Massimo e del sacco di Roma da parte dei vandali di Genserico.
Teodorico colse l'opportunità per far acclamare Avito imperatore da alcuni senatori gallo-romani fatti riunire a Ugernum (Beaucaire). Il 9 luglio 455 fu acclamato anche dai legionari e fu poi riconosciuto dall'imperatore d'Oriente Marciano.
A questo punto raggiunse Roma, accompagnato da Ricimero, un uomo di Teodorico, non privo di doti militari. Il 1 gennaio 456 assunse il titolo di console. Intanto, il risentimento contro Avito cresceva, perché egli dava compiti di fiducia ai goti e perché era un gallo-romano, cosa non apprezzata da molti senatori di antihce famiglie romane.
Il problema maggiore era rappresentato dai vandali di Genserico, che continuavano a mantenersi ostili. Ricimero li sconfisse in Sicilia, nella valle di Agrigento e poi in una battaglia navale nei pressi della Corsica insieme ad Avito. L'imperatore riconquistò anche la Pannonia. Ma nulla serviva per diminuire il risentimento contro di lui da parte dei popoli italici, che, anzi, andava aumentando, anche perché la supremazia navale dei vandali sui mari provocava difficoltà di approvigionamento granario e le bocche da sfamare erano tante. Allora Avito decise di congedare le truppe di germani e galli che lo avevano seguito in Italia. Ma per fare ciò servivano soldi per pagare i soldati, mentre le casse dello Stato erano povere. Avito, allora, taglieggiò le città per racimolare la cifra necessaria. Fu la goccia che fece trabocare il vaso.
Ricimero convinse il Senato a deporre Avito. Fuggito ad Arles e raccolto un esercito, Avito si scontrò con i nemici a Piacenza e fatto prigioniero. La sua vita fu risparmiata e gli fu permesso di diventare vescovo di Piacenza. Ma avendo saputo che era stato condannato a morte dal Senato, tentò di scappare in Gallia, trovando però la morte nel corso della fuga, secondo Gregorio di Tours. Per altre fonti, fu eliminato per volere di Ricimero stesso o da lui in persona.
Un importante fonte per il regno di Avito è il panegirico composto da Sidonio Apollinare. Si conosce un nipote di Avito, il poeta Avito di Vienna.
Predecessore: | Imperatori romani (Impero Romano) |
Successore: | |
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Petronio Massimo 455 |
Avito 455 - 456 |
Maggiorano 457 - 461 |
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