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Storia dell'Arma dei Carabinieri

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L'Arma dei Carabinieri, fondata ormai nel lontano 1814, ha quasi due secoli di vita durante i quali ha partecipato, per la sua doppia natura civile e militare, a tutti gli eventi sia positivi sia tragici della Storia d'Italia a partire dal Risorgimento.

Indice

[modifica] Le origini: 13 luglio 1814

Allievi Ufficiali alla parata del 2 giugno, Roma
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Allievi Ufficiali alla parata del 2 giugno, Roma

Con le Regie Patenti del 13 luglio 1814, integrate con altre emanate il 15 ottobre 1916, il Re di Sardegna Vittorio Emanuele I di Savoia istituì i Carabinieri Reali, un corpo armato che, sul modello della gendarmeria francese, aveva compiti sia civili (ordine pubblico e polizia giudiziaria) che militari (difesa della Patria e polizia militare).
I suoi primi effettivi furono scelti fra quelli dell'Armata Sarda che più si distinguevano per buona condotta e saviezza e che sapessero anche leggere e scrivere. Gli ufficiali furono scelti per la gran parte dall'Arma di Cavalleria, la più prestigiosa dell'Esercito.
Il primo Comandante in capo del Corpo fu il Generale Giuseppe Thaon di Revel di Sant'Andrea.

Prima dei Carabinieri, i compiti di polizia erano affidati dai Savoia ai Dragoni di Sardegna, corpo creato nel 1726 e composto da volontari.
Passata la Rivoluzione e Napoleone, per affermare la Restaurazione i Savoia sentirono la necessità di una istituzione affidabile e capace di assicurare il controllo del territorio contro le influenze interne (le idee dell'illuminismo erano ancora molto diffuse ed occorsero decenni per assimilarne gli ideali di libertà) ed esterne (l'Austria era un vicino potente, influente e pericoloso).
Nacquero, così, i Carabinieri Reali.
Per quanto riguarda la la sicurezza pubblica, essi raccoglievano direttamente l'eredità dei Reali Cavallegeri e del Corpo dei Cacciatori Reali (poi riuniti nel Corpo dei Moschettieri di Sardegna) che si erano distinti nella lotta al brigantaggio in Sardegna. Dai Cacciatori derivano anche i Granatieri di Sardegna la cui storia, non a caso, divide non pochi elementi con quella dei Carabinieri.
Dal punto di vista militare si trattava, invece, di un corpo di fanteria leggera. Era, cioè, un corpo elitario rispetto alla fanteria di linea.
L'arma tipica era la carabina, ovviamente, che, per rispetto alla tradizione, non è ancora stata del tutto rimossa dalle ordinanze.

Il 23 aprile 1815, quindi appena 9 mesi dopo la loro istituzione, perì in servizio il primo di una lunga lista di Carabinieri: Giovanni Boccaccio fu ucciso da un fuorilegge a Vernate (Cuneo).
Il successivo 15 luglio i Carabinieri ebbero anche il loro battesimo del fuoco: sul campo di battaglia di Grenoble, l'ultima campagna militare contro Napoleone Bonaparte, un loro squadrone di cavalleria caricò le truppe francesi per il possesso di una piazzaforte mettendole in rotta e contribuendo in modo decisivo alla vittoria.

Il 1822 è un altro anno importante: è emanata la prima edizione del Regolamento Generale dove già sono affermati i 3 principi fondamentali che ancora oggi caratterizzano il Corpo

  1. i Carabinieri devono considerarsi in servizio perpetuo, in qualunque circostanza ed a qualunque ora;
  2. i Carabinieri devono sempre svolgere i servizi di istituto almeno in coppia, eccezion fatta per quelli d'ordinanza quali la trasmissione di dispacci urgenti;
  3. i Carabinieri devono sempre avere un contegno distinto, urbano, fermo, dignitoso e calmo, oltre che imparziale ed umano.

[modifica] Risorgimento

La carica dei carabinieri a cavallo apre il corteo storico in Piazza del Campo a Siena
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La carica dei carabinieri a cavallo apre il corteo storico in Piazza del Campo a Siena

Negli anni successivi il Regno di Sardegna è coinvolta a vario titolo nella lotta per l'Unità: da una parte sono sempre più numerosi quelli che ne favoriscono la politica di espansione riconoscendolo come il paladino (o almeno il mezzo) per conseguire l'unificazione, dall'altro e oggetto dell'opposizione degli anti-monarchici che lottavano per affermare un regime repubblicano. E' il Risorgimento.

In questo contesto si inquadra l'invasione della Savoia del 3 febbraio 1834 da parte di un gruppo di fuoriusciti italiani finanziati da Giuseppe Mazzini reduci dei moti del 1821. Questi catturarono il carabiniere a cavallo Giovanni Battista Scapaccini e poi lo uccisero perché si rifiutò di unirsi a loro con il gesto simbolico di gridare "Viva la repubblica!", preferendo tener fede fino in fondo al giuramento fatto al Re. Alla sua memoria fu conferita una Medaglia d'Oro al Valor Militare, la prima in assoluto ad essere registrata sull'Albo d'Onore dell'Armata Sarda.

In quegli anni le guerre si susseguirono alle guerre e per le riconosciute prove di fedeltà ed efficienza già dimostrate, i Carabinieri furono scelti per assicurare la protezione del Re sui campi di battaglia.
Proprio nello svolgimento di questo delicatissimo compito, il 30 maggio 1848 a Pastrengo, durante la prima Guerra d'Indipendenza, i Carabinieri diedero l'ennesima prova di coraggio, spirito di iniziativa ed abnegazione con la famosa carica: quando il Maggiore Alessandro Negri di Sanfront, comandande dei tre squadroni a cavallo di scorta, si accorse che gli austriaci si stavano pericolosamente avvicinando alla postazione occupata dal Re, ordinò una travolgente carica (a cui partecipò il re stesso), respingendoli. Questo episodiò contribuì in modo determinante alla vittoria finale.
La guerra fu persa, ma la successiva la partecipazione alla guerra di Crimea riuscì a dare un peso internazionale al Regno di Sardegna. Si conbatté, poi, la Seconda Guerra d'Indipendenza, seguita dall'annessione dei piccoli regni in cui era divisa l'Italia settentrionale, la spedizione dei Mille e la conquista del centro-sud.

In tutte queste vicende i Carabinieri erano sempre protagonisti come soldati, svolgendo compiti di scorta, di polizia militare, di intelligence, combattendo in prima linea ed adempiendo compiti ingrati come l'arresto di Garibaldi.

Per quanto riguarda la sicurezza pubblica, durante il processo di unificazione, onde evitare l'impressione di un'occupazione si attuò un'accorta politica dei piccoli passi: man mano che un nuovo stato cadeva vi si istituiva un Corpo di Carabinieri locale arruolando una parte dei tutori dell'ordine che già vi operavano. Nacque così il Corpo di Carabinieri della Toscana, della Sicilia,...

Per approfondire, vedi la voce Carabinieri nel Risorgimento.

[modifica] Unità d'Italia

Nel 1861 l'unità politica era largamente conseguita (Veneto e Stato della Chiesa a parte), e si riunificò anche formalmente la struttura militare e di pubblica sicurezza: il 4 maggio quando l'Armata Sarda divenne Regio Esercito, i diversi corpi di Carabinieri confluirono nell'Arma dei Carabinieri Reali che ne divenne la Prima Arma.

In quegli anni i Carabinieri si trovarono impegnati soprattutto nel contrastare i briganti, un fenomeno a metà tra il malavitoso e la lotta contro le nuove istituzioni, particolarmente diffuso nei territori che erano stati del Regno delle Due Sicilie, del Granducato di Toscana e della stessa Sardegna. Tra le altre spicca la figura del Capitano dei Carabinieri Chaffredo Bergia che per i suoi successi, raggiunti con operazioni solitarie svolte per lo più sotto copertura, si meritò una Croce di Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia, una Medaglia d'Oro, tre d'Argento e due di Bronzo al Valor Militare, 15 encomi ed innumerevoli menzioni solenni.

Nonostante lo smacco della Terza Guerra d'Indipendenza, si riuscì a completare anche la l'unificazione con l'annessione del Veneto del (1866) e Roma con il Lazio (1870) con i Carabinieri accanto ai Bersaglieri durante la Breccia di Porta Pia.

Negli anni che precedettero la Prima guerra mondiale l'Arma continuò a dividersi tra compiti militari e civili, in patria ed anche all'estero.
Nel 1872 in Eritrea si svolse la loro prima missione fuori dai confini durante la sfortunata avventura coloniale italiana. Di quegli anni è anche la prima missione di peace-keeping (Creta, 1897).
In Italia si distinsero soprattutto per il soccorso alle vittime del terremoto che colpì lo Stretto di Messina nel 1908: in quell'occasione l'Arma fu definitivamente appellata Benemerita, aggettivo associato a loro per primo dall'on. Soldi già nel 1864.

Tra gli altri eventi da ricordare di questo periodo c'è

  • l'istituzione della Banda dell'Arma dei Carabinieri Reali (1862)
  • l'istituzione dei Carabinieri Guardie del Re (1870) poi Carabinieri Guardie del Presidente della Repubblica (meglio noti come Corazzieri)
  • la fondazione dei primi giornali che trattavano la vita dell'Arma:
    • Il Carabiniere (1873)
    • Il Monitore dei Carabinieri Reali (1887)
    • L'Album del Carabiniere Reale (1887)
  • la nascita, il 1° marzo 1886, dell'Associazione di Mutuo Soccorso dei Carabinieri Reali, antenata dell'odierna Associazione Nazionale Carabinieri.
Per approfondire, vedi la voce Carabinieri contro i briganti.

[modifica] Prima Guerra Mondiale

L'Italia arrivò alla Prima guerra mondiale formalmente schierata con la Triplice alleanza ma la promessa di riconoscimenti territoriali da parte della Triplice Intesa, dopo un periodo di neutralità, indussero un deciso cambio di fronte.

I Carabinieri anche in quest'occasione furono protagonisti di atti di valore e sacrificio rimasti celebri. Fra questi indimenticabile (quanto tragicamente inutile) fu l'assalto alla quota 240 del Podgora del 19 luglio 1915 ed il mantenimento della posizione per mesi in inferiorità numerica ed in condizioni igienico-sanitarie precarie.

Ma più ancora che come corpo combattente, i Carabinieri furono fondamentali nel loro ruolo di Polizia Militare nel momento più buio della guerra: la rotta di Caporetto dell'ottobre 1917. In quel frangente, infatti, si assunsero tutte le loro responsabilità e ricorrendo inflessibilmente anche alla fucilazione, costrinsero i soldati in trincea a tener duro, imponendo la disciplina che avrebbe reso possibili un'ordinata ritirata verso il Piave ed il mantenimento delle nuove posizioni.
Per scagionarsi Cadorna (Il comandante supremo) non esitò a diffondere un disonorante comunicato che attribuiva la disfatta alla viltà dei soldati, ordinandone la decimazione sul campo, la cui esecuzione ricadde a volte nuovamente sulle spalle dei Carabinieri.

Alla fine i Carabinieri morti furono 1423 e 5245 quelli feriti. Anche per onorarli, il 5 giugno 1920 fu concessa alla Bandiera dell'Arma la sua prima Medaglia d'Oro al Valor Militare.

Per approfondire, vedi la voce Carabinieri nella Prima guerra mondiale.

[modifica] Primo dopoguerra

I primi anni del dopoguerra furono caratterizzati da un'accesa contrapposizione politica fra la sinistra che sognava la Rivoluzione russa dell'ottobre 1917 e la destra fascista che nasce come reazione al Settembre Rosso del 1920.

Per far fronte ai tumulti, i Carabinieri costituiscono nel 1921 i battaglioni mobili, reparti specializzati per affrontare situazioni in cui l'ordine pubblico è minacciato da folle di dimostranti, che impiegano per la prima volta contro una manifestazione di fascisti a Sarzana.

Venne poi la presa del potere da parte di Mussolini, resa possibile solo da sottovalutazioni politiche da parte di Re e Governo e dalle divisioni e mancanza di leadership nella maggioranza cattolica, consolidata nel 1924 con l'emanazione delle leggi che concessero un potere illimitato al Gran Consiglio del Fascismo (le cosiddette Leggi Fascistissime).
Non fidandosi dei Carabinieri, la cui fedeltà al Re era fuori discussione, Mussolini cercò di limitarli istituendo una Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale ed infiltrando lo stesso Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza. Impose, inoltre, lo scioglimento dei Battaglioni mobili (1923) e, nel tempo, una diversa distribuzione delle competenze: accrescendo la consistenza di Milizia e Polizia nelle città, relegò sempre più i Carabinieri nelle zone rurali.

All'interno dei confini nazionali questi furono anche gli anni della guerra alla mafia siciliana combattuta al fianco di Cesare Mori ("il prefetto di ferro"), dei successi contro i banditi sardi e calabresi e soprattutto è coniato lo stemma araldico (1936).

Fuori dai confini l'Italia, con l'appoggio della Germania di Hitler ma contro la Società delle Nazioni, si lanciò nella conquista di un posto al sole occupando Eritrea, Abissinia e Somalia (la cosiddetta Africa Orientale Italiana), seguita dall'annessione dell'Abissinia. In tutti questi teatri i Carabinieri prima si batterono con valore (distinguendosi soprattutto nella seconda battaglia dell'Ogaden del 1936) e poi furono incaricati di estendere nei nuovi possedimenti la loro struttura territoriale per garantire la sicurezza e la convivenza pacifica.
Per il valore dimostrato alla Bandiera dell'Arma dei Carabinieri fu concessa la prima Croce di Cavaliere dell'Ordine Militare d'Italia.

Merita di essere ricordata anche una nuova missione all'estero nel 1935 per garantire la regolarità del referendum sull'Autodeterminazione della Saar.

Per approfondire, vedi la voce Carabinieri nel primo dopoguerra.

[modifica] Seconda guerra mondiale, Resistenza e Guerra di Liberazione

Con l'illusione di una facile quanto rapida vittoria, il 10 giugno 1940 Mussolini dichiara guerra a Francia ed Inghilterra.
Ma è un'illusione.
Nella lunga guerra che ne seguì i Carabinieri diedero mostra di grandi capacità e spirito di sacrificio con atti di eroismo individuali o collettivi che hanno fatto storia: in Africa Orientale e Settentrionale, nei Balcani, in Grecia, in Russia, ovunque si batterono con coraggio ed abnegazione. Tra i tanti episodi si ricordano soprattutto le battaglie

  • di Culqualber in Abissinia (21 novembre 1941) dove il 1° Gruppo Mobilitato dei Carabinieri, senza munizioni e senza rifornimenti da mesi, si immolò quasi interamente combattendo all'arma bianca contro gli inglesi che alla fine gli tributarono l'onore delle armi.
  • di Eluet El Asel (19 dicembre 1941) dove 400 paracadutisti dei Carabinieri appiedati fermarono l'avanzata inglese dando il tempo al grosso dell'armata italo-tedesca di ritirarsi in buon ordine.

Numerosi furono anche gli atti di coraggio dei singoli come quello del Carabiniere Giuseppe Plado Mosca che ad Arbusow (Russia bianca), trascinò con il suo esempio i soldati italiani prostrati dal freddo e dalla fame fino a rompere l'accerchiamento delle truppe russe (22 dicembre 1942), riprendendo la loro disperata ritirata.

Con la sconfitta venne anche la fine del fascismo: quando Mussolini rassegnò le sue dimissioni nelle mani del Re Vittorio Emanuele III il 25 luglio 1943 dopo essere stato messo in minoranza nella seduta del Gran Consiglio del Fascismo della notte precedente, uscendo dal Quirinale trovò i Carabinieri ad attenderlo per arrestarlo.

Il Comando Generale dell'Arma, prevedendo i tempi difficili che si stavano avvicinando, già il 10 luglio avevano emanato una direttiva che, richiamando il Diritto Bellico Internazionale, ricordava che in qualsiasi circostanza

  1. i Carabinieri della territoriale devono espletare i loro compiti istituzionali rimanendo al loro posto a fianco della popolazione civile ed assicurare la protezione degli impianti industriali e di pubblica utilità
  2. i Carabinieri assegnati alle Unità delle Forze Armate devono seguirne la sorte.

Arrivò l'8 settembre 1943 e l'armistizio con gli Alleati a cui seguirono momenti di grande confusione di cui seppero far tesoro i tedeschi che, meglio organizzati, armati e soprattutto informati, in pochi giorni uccisero o catturarono e deportarono decine di migliaia di soldati italiani che, senza ordini ed abbandonati a se stessi, non sapevano cosa fare: a Cefalonia la Divisione Acqui fu quasi annientata, le sei divisioni destinate alla difesa di Roma si dissolsero e gli unici a mantenere le loro posizioni furono il Battaglione Allievi Carabinieri ed i Granatieri di Sardegna.

Ligi al dovere e consci delle responsabilità che il loro ruolo imponeva, i Carabinieri rimasero invece al loro posto. Tantissimi però, dietro la veste istituzionale portata sempre con dignità, erano anche partigiani e fiancheggiavano o capeggiavano intere formazioni, e tanto contribuirono alla Resistenza ed alla Guerra di Liberazione (La sola Banda Caruso all'inizio del 1944 ne raccoglieva ben 5.766).
Gli esempi del loro spirito di abnegazione sono innumerevoli: Salvo D'Acquisto e Giotto Ciardi, i Carabinieri delle Stazioni di Fiesole e di San Benedetto del Tronto, i 12 Carabinieri del presidio di Bretto di Sotto...

Alla fine della Guerra tra i Carabinieri si contarono 4.618 caduti, 15.124 feriti e 578 dispersi. Di questi 2.735 perirono durante la Resistenza e la Lotta di Liberazione ed altri 6.521 restarono feriti.
Per il contributo dato alla Resistenza, il 2 giugno 1984 alla Bandiera dell'Arma dei Carabinieri è stata concessa la terza Medaglia d'Oro al Valor Militare.

Per approfondire, vedi la voce Carabinieri nella Seconda guerra mondiale.
Per approfondire, vedi la voce Carabinieri nella Resistenza e nella Guerra di Liberazione.

[modifica] Secondo dopoguerra

Finita la guerra i carabinieri soffrivano profondi problemi di organizzazioni, dovuti anche alle difficoltà indotte dalla ricompattazione dopo lo smembramento del periodo 1943-1945 da cui avevano difficoltà ad uscire.

Dopo aver affrontato gli scontri di piazza dell'immediato dopoguerra ed il terrorismo separatista alto atesino e siciliano, negli anni Sessanta è nominato Comandante Generale il Generale Giovanni De Lorenzo che pian piano riorganizza l'Arma consegnando allo Stato una istituzione dinamica, moderna ed efficiente pronta per affrontare le sfide posti dai tempi moderni: terrorismo eversivo, criminalità organizzata e, non ultimo, il terrorismo organizzato, capace di partecipare ad operazione di peace-keeping e peace-enforcing fuori area.

[modifica] Tardi anni quaranta

Purtroppo al fine della Guerra portò strascici di odio che, per via delle tante armi ancora in circolazione, facilmente si trasformava in efferata violenza. Nella loro lotta quotidiana per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblici, nel 1946 ben 101 Carabinieri furono uccisi in servizio ed altri 757 furono i feriti.
Per far fronte a queste nuove sfide, i Carabinieri cominciarono a riorganizzarsi e ben presto ricostituirono i loro Battaglioni mobili forti di ben 9.000 uomini.

In ossequio ai risultati del referendum del 2 giugno, il 13 successivo re Umberto II lascia l'Italia non prima di aver sciolto i Carabinieri Reali dal particolare giuramento di fedeltà che li legava alla sua persona.
L'Esercito Regio rinasce nell'Esercito italiano e l'Arma dei Carabinieri Reali è rinominata Arma dei Carabinieri, la prima Arma del nuovo esercito.

L'8 dicembre del 1949 è un'altra data simbolica per i Carabinieri: Papa Pio XII, su richiesta di Sua Eminenza Mons. Carlo Alberto di Cavallerleone (ordinario militare), proclama la Madonna Virgo Fidelis patrona dei Carabinieri e fissa al 21 novembre la ricorrenza (anniversario della Battaglia di Culquaber).

[modifica] Gli anni Cinquanta e Sessanta: contrasto al terrorismo separatista

Quelli erano anche gli anni del terrorismo separatista sia Alto atesino del Comitato per la liberazione del Sudtirolo che Siciliano di Salvatore Giuliano. I Carabinieri risposero a questa sfida formando la Compagnia Speciale Antiterrorismo a Nord e partecipando (insieme alla Polizia) al Corpo Forze Repressione Banditismo del colonnello Ugo Luca sull'isola.

In entrambi i casi innumerevoli furono gli attentati contro le caserme e le pattuglie dei Carabinieri.

Per approfondire, vedi la voce Carabinieri nella lotta al terrorismo separatista.

[modifica] 1962-1966: Giovanni De Lorenzo riorganizza ed ammoderna l'Arma

Nel 1962 Giovanni De Lorenzo è nominato Comandante Generale dell'Arma.

Assunto il comando dell'Arma, presiedette la prima riunione dello Stato Maggiore confrontandosi con una variegata compagine di ufficiali che, anche nelle uniformi descrivevano le condizioni di confusione nella quale comandi, strutture e procedure dei Carabinieri si trovavano da dopo la disfatta bellica, facendo fatica a riorganizzarsi: la guerra persa, nonostante fossero passatati quasi 20 anni, sortiva ancora effetti di non poca gravità, sia nelle sigenze di ricostruzione e riorganizzazione, sia nelle ambascie economiche, che costringevano lo Stato a fare affidamento sui prestiti americani.

Cominciò, così, con l'uniformazione delle uniformi e la richiesta allo staff dello Stato Maggiore di indicare le ortodosse uniformi ordinarie per ufficiali, sottufficiali e truppa. Proseguì snellendo la burocrazia e l'amministrazione e curò particolarmente la formazione destinando i suoi migliori ufficiali, per periodi più o meno lunghi, alle scuole così che fossero, usando una sua espressione, più preparate a prepararli.

Approfittando della recrudescenza della criminalità nelle città, rinegoziò l'accordo Carcaterra che destinava i Carabinieri alle zone rurali e la Polizia alle aree metropolitane, creò le gazzelle, intuì l'importanza dell'uso degli elicotteri non solo per assolvere compiti militari ma anche di ordine pubblico (soprattutto il contrasto al brigantaggio) e pensò anche ad un numero unico di pronto intervento che non riuscì a realizzare solo per problemi tecnici.
Si presentava nel cuore della notte nelle stazioni periferiche per vedere come veniva interpretato il principio del sempre in servizio, concedeva inattese licenze premio ai meritevoli ma comminava anche dolorose punizioni.
Dettò anche le specifiche tecniche per i fornitori allo scopo di adeguare e rinnovare l'armamento in uso.

Non trascurò neppure la componente militare ottenendo la riorganizzazione dell'XI brigata meccanizzata che venne armata con 130 carri M47 ed una flotta di autoblindo ed altri veicoli corazzati minori. Volle anche la ricostituzione del battaglione Carabinieri paracadutisti.

Quando i Carabinieri ricominciarono a presentarsi come un'istituzione efficiente, moderna e, per alcuni versi, all'avanguardia, oltre che agguerrita e riarmata al punto da potersi nuovamente annoverare fra le forze militari con capacità di proiezioni all'estero, fu ricostruito a posteriori che De Lorenzo ne aveva anche fatto nel frattempo il perno del piano solo, un segretissimo piano emergenziale interno (così erano definite le procedure predisposte per far fronte a scenari politici-economici eccezionali per lo Stato) che affidava i destini dell'Italia all'Arma.

Al di là delle luci e delle ombre, in soli quattro anni De Lorenzo ha consegnato allo Stato italiano un'Arma dei Carabinieri efficiente e coesa da un forte spirito di corpo.

La commissione d'inchiesta nominata nel 1969 per indagare sul piano solo si spaccherà sull'interpretazione di quel piano: difensiva secondo la maggioranza, colpo di Stato pianificato nel giudizio della minoranza. Quel che è certo è che l'indagine parlamentare sottolinea, al di là della controversa azione del capo, che l'Arma si è sostanzialmente mantenuta distante dall'iniziativa.

Per approfondire, vedi la voce L'Arma dei Carabinieri del Generale De Lorenzo.

[modifica] Gli anni Settanta ed Ottanta: contrasto al terrorismo eversivo

Placatosi negli anni Cinquanta il separatismo siciliano e negli Sessanta anche quello altoatesino, a partire dalla fine degli anni Sessanta l'Italia ha dovuto fare i conti con quello eversivo con i Carabinieri sempre in prima linea.

Per contrastrarlo adeguatamente l'Arma adeguò la sua struttura organizzativa e così nacque il Nucleo Antiterrorismo dei Carabinieri (22 maggio 1974).

Il Carabinieri più noti tra quelli impegnati nel contrasto al terrorismo eversivo di quegli anni è certamente Carlo Alberto dalla Chiesa che ebbe, tra l'altro, il merito di intuire che per combattere i terroristi occorreva conoscerne i metodi ed adeguare le tecniche di contrasto. Si cominciò con la creazione del Nucleo Antiterrorismo dei Carabinieri con sede a Torino e da lui diretto che ben presto ampliò il suo raggio di azione prima sul Piemonte e poi sulla Liguaria. Con pazienti attività di indagine, infiltrando carabinieri nei gruppi fiancheggiatori e simpatizzanti (centri sociali, università, collettivi,...) e dopo aver ottenuto il pentimento di Patrizio Peci, in pochi mesi azzerò GAP e NAP e scompaginò l'organigramma brigatista arrestandone anche i capi storici (Renato Curcio ed Alberto Franceschini) già nel settembre 1974.

La lotta proseguì negli anni successivi e tanti furono i carabinieri a cadere sotto i colpi dei terroristi. Due fra tutti: il maresciallo Felice Maritano ed ed il tenente Umberto Rocca'.

Felice Maritano, classe 1919, aveva combattuto in Africa e, come tanti altri carabinieri, anche nella Guerra di Liberazione meritandosi numerose decorazioni. Nel 1974 ha 55 anni e con 35 anni di onoratissimo servizio poteva andare traquillamente in pensione ma appena sa della costituzione del gruppo antiterrorismo di Dalla Chiesa chiede ed ottiene di entrarne a far parte. In considerazione della sua grande esperienza la sua richiesta è soddistatta diventandone subito una delle figure chiave contribuendo in modo determinante alle indagini che portarono alla cattura di Curcio e Franceschini. Studiando il materiale rinvenuto nel loro covo si riuscì a scoprirne un altro a Robbiano di Mediglia che trovarono vuoto ma non abbandonato, così Maritano si offre per partecipare alla sua sorveglianza per catturare i tre terroristi che si era capito lo frequentassero.
Dopo giorni di appostamenti i brigatisti finalmente si presentano separatamente: alle 13:00 del 14 luglio 1974 è arrestato il terrorista Bassi, alle 21:30 anche Bertolazzi. Entrambi sono bloccati prima di poter impugare le pistole con il colpo in canna che portavano addosso. All'appello mancava solo Ognibene che arriva alle 03:30 del mattino dopo. In qualche modo si accorge della trappola e scappa per le scale inseguito dai militari, che gli intimano di fermarsi. Per tutta risposta Ognibene esplode alcuni colpi di pistola che colpiscono Maritano, il quale continua l'inseguimento sorpassando un altro dei carabinieri e risponde al fuoco.
Ognibene, ferito, stramazza al suolo. Maritano gli si accascia accanto non prima di aver esortato i due colleghi che sopraggiungono di occuparsi del terrorista. Ognibene si salverà. Maritanò morì durante il trasporto in ospedale lasciando la moglie e quattro figli. Il suo fu un funerale blindato, presenti le massime autorità delle Istituzioni con i muri della chiesa e delle strade vicine sporcate da scritte ingiuriose e minacciose.

L'allora tenente Umberto Rocca nel giugno 1975 era comandante in sede vacante della compagnia di Aqui. Il 5 del mese stava perlustrando le colline di Melazzo insieme al maresciallo Rosario Cattafi ed agli appuntati Giovanni D'Alfonso e Pietro Barberis. Cercavano il covo dove era tenuto sequestato Vittorio Vallarino Gancia, figlio del proprietario della nota casa vinicola, rapito il giorno prima da un commando di 5 brigatisti rossi guidato da Mara Cagol con lo scopo di estorcere denaro alla sua facoltosa famiglia per finanziare l'organizzazione.
Controllando un casolare isolato sulle colline di Arzello, i carabinieri alle 11:30 si sono accolti dal lancio di una bomba a mano. Rocca, investito in pieno dalla deflagrazione, perderà un braccio e un occhio; schegge ferirono anche Cattafi.
Nonostante le gravissime ferite, Rocca rifiutò di essere soccorso dagli altri carabinieri ordinando loro di proseguire l'azione. Nel successivo conflitto a fuoco perirono il D'Alfonso, raggiunto da diversi colpi di arma (morirà dopo alcuni giorni di agonia), e Margherita "Mara" Cagol (compagna di Renato Curcio), mentre finge di arrendersi per coprire un altro terrorista (Barberis) che da lei nascosta lancia una bomba a mano contro i carabinieri che li braccavano. Nel casolare trovarono poi Gancia incolume. A Rocca, oggi Generale, sarà assegnata una Medaglia d'Oro al Valor Militare l'unica assegnata ancora in vita nel dopoguerra.

Per approfondire, vedi la voce Carabinieri nella lotta al terrorismo eversivo.

[modifica] Contrasto alla criminalità organizzata

Sul fronte della lotta alla criminalità organizzata sempre i Carabinieri arrestarono prima Roberto Cutolo, fondatore e capo della Nuova Camorra Organizzata, e poi anche Totò Riina, capo indiscusso della Mafia Siciliana.
Il Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, nominato Prefetto di Palermo per contribuire alla lotta alla Mafia con tutta la sua esperienza, è certamente il Carabiniere più illustre vittima della mafia.

Per approfondire, vedi la voce L'Arma dei Carabinieri nella lotta alla criminalità organizzata.

[modifica] Carabinieri e catastrofi naturali

Nel secondo dopoguerra, così come già prima, i Carabinieri sono sempre stati in prima linea nel soccorso delle popolazioni civili vittime di catastrofi naturali meritandosi importanti riconoscimenti:

  • 1951: alluvione del Polesine (Medaglia d'Oro al Valor Civile)
  • 1956: il tragico inverno che flaggello l'Italia (Medaglia d'Oro al Valor Civile)
  • 1963: disastro del Vajont (Medaglia d'Argento al Valor Civile)
  • 1966: alluvione di Firenze (Medaglia d'Oro al Valor Civile)
  • 1976: terremoto del Friuli (Medaglia d'Oro al Valor dell'Esercito)
  • 1980: terremoto della Campania e Basilicata (Medaglia d'Oro al Valor dell'Esercito)
  • 1994: alluvione del Piemonte dell'Emilia Romagna (Medaglia d'Oro al Valor Civile)

senza dimenticare tutte le catastrofi naturali minori che troppo spesso colpiscono l'Italia e vedono i Carabinieri della territoriale tra i primi soccorritori ed un sicuro punto di riferimento nell'organizzazione degli aiuti.

Per approfondire, vedi la voce Carabinieri e catastrofi naturali.

[modifica] Le nuove specialità dell'Arma

Nel suo continuo processo di adeguamento per contrastare la criminalità che estende il suo operato in campi sempre nuovi, l'Arma dei Carabinieri nel corso degli anni ha creato nuclei specializzati nei diversi tipi di reato, tra i quali:

Per approfondire, vedi la voce Le specialità dell'Arma dei Carabinieri.

[modifica] Carabinieri in missione all'estero

Nel dopoguerra, ed in special modo negli ultimi anni, i Carabinieri sono stati chiamati frequentemente a partecipare a missioni operative all'estero rinnovando una tradizione che risale al lontano 1855 (), distinguendosi sempre per la loro capacità di assolvere compiti sia militari che di polizia.

Particolarmente significativo è il contributo assicurato dall'Arma con i Reggimenti MSU (Multinational Specialized Unit) operanti nei Balcani nell'ambito delle missioni NATO, la cui origine risiede nella necessità di colmare il security gap, ovvero l'area gricia tra la missione militare e le forze di polizia civile che spesso non sono in grado o non intendono intervenire in operazioni di ordine pubblico.

A partire dal 1982 sono stati in Libano, Somalia, Bosnia, Kosovo, Cambogia, Timor Est, Mozambico, Afganistan ed Irak, solo per citare la missioni più importanti.

Oggi i Carabinieri impegnati all'estero sono ben oltre mille.

Anche in questo tipo di attività il debito di sangue pagato è stato notevole.

Per approfondire, vedi la voce Missioni dei Carabinieri all'estero.

[modifica] Voci correlate

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