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Fiat Ferroviaria

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Fiat Ferroviaria è stata una azienda del settore ferrotramviario, parte del Gruppo FIAT fino agli anni '90, ed in seguito venduta alla francese Alstom.

Il principale prodotto di Fiat Ferroviaria è stato il sistema a cassa oscillante dei Pendolino, utilizzato in varie versioni in tutta Europa.

Lo stabilimento principale si trova a Savigliano (Cuneo).

Indice

[modifica] Storia

[modifica] La Diatto

Fiat Ferroviaria nasce nel dicembre 1917. L'azienda torinese, pesantemente impegnata nella produzione di autocarri, aerei e motori per lo sforzo bellico della prima guerra mondiale, con una assemblea straordinaria in data 7 dicembre decideva di acquisire la Diatto per incrementare la capacità produttiva e per prepararsi alle necessità del dopoguerra. La proposta viene sostenuta da Giovanni Agnelli già nel consiglio di amministrazione 25 ottobre 1917, ed è motivata dal fatto che il treno si era dimostrato un'arma strategica molto efficiente, ma era emersa inesorabile la inadeguatezza del parco veicoli delle neonate Ferrovie dello Stato.

La Diatto era una azienda paraartigianale, specializzata in veicoli tramviari urbani e suburbani. Si trattava di una azienda solida, all'avanguardia per i tempi, con un capitale notevole (200 milioni di lire di allora), e che già dagli anni venti stava sondando il terreno per migrare dalla costruzione di semplici carrozze e tram alla costruzione di veicoli ferroviari elettrici, proprio in collaborazione con la divisione motoristica di Fiat e con il beneplacito della famiglia Agnelli sin dal 1905.

Giovanni Agnelli aveva osservato un vagone motorizzato con alimentazione a benzina costruito dai fratelli Diatto alla Fiera di Liegi, che prometteva buoni risultati in termini di efficienza. In seguito a questo, l'8 agosto 1905 aveva chiesto al consiglio di amministrazione di stanziare 100.000 lire per finanziare una campagna di sperimentazione in sinergia tra le due compagnie. Si mosse anche per avere in concessione due linee, la Torino-Pino-Chieri e una nel Parco delle Esposizioni di Milano per la fiera che si sarebbe tenuta l'anno successivo.

L'obiettivo era chiaro: realizzare innovazione e depositare brevetti, in modo da costruire una base su cui far fiorire gli investimenti futuri.

La Diatto era una società di carrozzieri: lavoravano travi metalliche e legno, con tecnologie ancora rudimentali. Non aveva le attrezzature per sviluppare i carrelli, che importava dalla Francia o dalla Germania sotto forma di prodotto o di disegni costruttivi.

L'acquisto da parte di Fiat nel 1917 avviene in un momento critico: la società era impegnata nella produzione bellica, ma difficilmente sarebbe sopravvissuta al rallentamento della produzione nel periodo successivo, e difficilmente sarebbe rimasta all'avanguardia senza ingenti e radicali cambiamenti strutturali e tecnologici: i veicoli ferroviari stavano cambiando, cominciava a emergere l'uso massiccio del metallo per le coperture in loco del legno, e le peculiarità costruttive richiedevano una struttura aziendale in grado di affrontare tutte le sfide tecniche derivanti da questa rivoluzione.

Fiat con l'acquisizione ottenne anche i brevetti del Carrello tipo Brill, un carrello ferrotramviario con struttura a longheroni imbullonati a traverse che ebbe grande successo e diffusione tra il 1904 e il 1927, e di un particolare carrello monoassiale in corso di sviluppo e destinato ai veicoli per Moncalieri e Chivasso. Fiat proseguì nella produzione del primo, e sviluppò ulteriormente il secondo.

Inoltre il patrimonio di competenze dell'azienda comprendeva disegni per vari tram a scartamento normale e maggiorato (1.525 mm), carrozze ad alta capacità (massimo riempimento da 100 passeggeri), carrozze coloniale (per regioni calde, isolate), e persino carrozze del tipo Centoporte.

[modifica] Il primo dopoguerra: Fiat Sezione Materiale Ferroviario

Con l'acquisizione, la Sezione Acciaierie di Fiat potè finalmente entrare in gioco con tutto il suo know-how: contribuì allo sviluppo di un carrello tipo Commonwealth con scocca fusa, adatto all'uso intensivo per le nuove locomotive ed automotrici, ma che in pratica venne adottato solo su carrozze e tram, alcuni dei quali rimasero in servizio fino alla fine del secolo. La Sezione Grandi Motori da parte sua invece sviluppò in tempi molto contenuti (già nel 1923) una tecnologia mista termica-elettrica, adatta ad automotrici a diesel: molto più efficiente e pratica del vapore, trovò una prima applicazione nello studio di una locomotiva da 1300 cv nata tra il 1925 e il 1926. Il sistema era fino a 5 volte più efficiente rispetto alla trazione a vapore, a parità di potenza specifica (10 cv per tonnellata di peso) e con velocità di punta anche doppie.

Il "sistema Fiat" (diesel-elettrico) si dimostrò superiore al suo concorrente, il "sistema OM" (a vapore, di impostazione inglese), sopravvivendo fino al giorno d'oggi con i dovuti adeguamenti tecnici. Fiat era vincolata all'uso della trasmissione elettrica dalla complessità degli apparati necessari per un cambio meccanico: per questo nacque la necessità (non vista molto di buon occhio) di associarsi ad una altra grande azienda, TIBB, specialista di elettrotecnica.

Nel 1925 Fiat sviluppò una locomotiva diesel-elettrica da 1300 Cv: anche se i dati sono incerti, si tratta forse del primo progetto dell'azienda realizzato in collaborazione con l'ufficio studi delle Ferrovie dello Stato. Quel che è certo, è che su questo progetto i tecnici si formarono le competenze che poi sarebbero state cruciali per le E.626.

Nel 1926 venne sviluppato un innovativo carrello ad assi sterzanti per l'uso su linee suburbane, che riduceva i raggi di curva minimi e intaccava meno i binari (allora ad armamento molto leggero) rispetto ai carrelli tradizionali.

Fiat si specializzò nella progettazione di automotrici diesel leggere, dalle basse potenze installate: le prime applicazioni sono sulle linee cittadine italiane e nelle colonie d'africa, specie la Somalia, dove però ancora spadroneggia la trazione a vapore.

Fiat non fu mai soddisfatta dell'uso della trasmissione elettrica. Già nel 1924 molte risorse erano destinate a sviluppare un carrello per automotrici a trasmissione meccanica. I gruppi elettrogeni si facevano sempre più grandi con l'aumento delle potenze, tanto che a partire dal 1926 si cominciò a profilare la necessità di montarne i motori sulla cassa invece che sul carrello, perdendo spazio utile. Per la Fiat TA 150 si sviluppò una versione del carrello a trasmissione meccanica, mentre l'anno dopo, nel 1925, venne sviluppato un sistema a ingranaggi conici e bielle che fu installato su un prototipo di TA 150 (andato disperso). Le automotrici non ebbero molto successo data la bassa velocità massima, i posti limitati e gli arredi spartani; fu soprattutto però una questione tecnica, dato che le prime automotrici erano di gran lunga troppo pesanti per poter essere impiegate a lungo sulle deboli [rotaia|rotaie]] di allora.

[modifica] Il Treno Reale

Nel 1925 la famiglia reale italiana emise un bando per la realizzazione di un treno di gran lusso destinato ai viaggi ufficiali. Fiat partecipò alla gara per la realizzazione tecnica, superando Ansaldo, Piaggio e Breda; poteva contare sulla grande esperienza di Diatto nelle vetture di lusso, e nell'abilità artigianale dei carrozzieri della ditta. L'incarico di progetto venne affidato a Giulio Casanova, artista liberty e docente dell'Accademia Albertina tra il 1920 e il 1940.

Il risultato fu un arredo aulico, ricco di simbologie e di motivi tipici dei palazzi antichi: fregi, stucchi, ori e legni preziosi arredavano le carrozze che erano quasi indistinguibile dalle sale della corte. Consegnato nel 1929 (il 14 marzo), venne ammirato in tutta europa per la qualità della manifattura e per la sontuosità. Composto da tre vetture di rappresentanza (una per la Regina, una sala da pranzo e una per il Re, quest'ultima distrutta nel secondo conflitto mondiale), andava ad affiancarsi ad un altro treno reale, costruito dalla SNOS di Savigliano, destinato ai principi e ai notabili del regno e pensato in un'ottica assai più moderna, con arredi meno classicheggianti.

Dopo la guerra, le parti restanti del treno vennero spogliate dei simboli araldici e ridecorate con simboli regionali dallo stesso Casanova.

[modifica] Arriva la Littorina

Intanto il trasporto su gomma aveva fatto passi da gigante, anche in casa Fiat. I motori più piccoli ed efficienti, le trasmissioni meccaniche, i carrelli con sospensioni e boccole migliorate davano un'ampia possibilità di miglioramento al mezzo ferroviario.

Tra il 1931 e il 1933 l'azienda produsse una gran quantità di brevetti, sia sulla meccanica che sui sistemi di guida e segnalazione, e persino sull'uso di sistemi elettromagnetici per la sicurezza delle linee. Venne brevettato un cambio meccanico a quattro marce con snodi cardanici, capace di 130 km/h.

Dalla tecnica aeronautica arrivarono le leghe leggere, che cominciarono a fare la loro comparsa come rivestimenti per le casse in acciaio: l'azienda acquisì personale specializzato, che aveva partecipato ai lavori sui dirigibili di Umberto Nobile.

Nacque quindi la Automotrice ALb 48, o AU4 secondo la marcatura Fiat e la Automotrice ALb 80: quest'ultima intraprese un tour promozionale che la portò in Russia, a Mosca, Leningrado e Soci, dove stracciò ogni record di velocità dimezzando i tempi di percorrenza tra le città.

Nel 1933 la ALb 48 entrò in servizio attivo per le FS, tra Torino, Santhià e Biella.

Fiat Sezione Materiale Ferroviario ormai era un grande costruttore, con oltre 250 mezzi in servizio sulla rete nazionale nel 1937. Le ALn 40 entrate in servizio nel 1938 svolgevano il collegamento rapido tra Torino e Milano in circa un ora e 24 minuti senza fermate intermedie, con punte di 130 km/h.

La necessità di potenza e di capacità incrementate spinse Fiat a deviare gli sforzi, almeno temporaneamente, dalle automotrici agli autotreni ferroviari: è del 1934 l'Autotreno ATR 100 (016 secondo la marcatura Fiat), un convoglio da tre casse su quattro carrelli, con due motori da 600 CV e capace di 160 km/h. Particolarità del convoglio era la condivisione dei carrelli centrali tra due casse adiacenti, che alleggeriva il convoglio e dava stabilità al complesso, a fronte di una complessità tecnica maggiore.

Concluso nel 1936, era destinato alle lunghe percorrenze ed era dotato di una cassa attrezzata con servizi di ristorazione. Fu costruito in 9 esemplari, che però non entrarono mai in servizio regolare per via della seconda guerra mondiale: vennero smontati e i motori asportati, poi 4 furono distrutti e i rimanenti servirono sporadicamente nel nord italia.

Sono del 1938 invece la ALn 56 e la 556, le littorine per antonomasia,

Nel 1937 nell'azienda venne costituito l'Ufficio Tecnico Automotrici Ferroviarie Sperimentali (UTAFS), che cominciò lo sviluppo di due automotrici, una monomotore (L101, con il solo carrello anteriore motorizzato e due assi motori) e una bimotore (L102 con un asse motore su entrambi i carrelli), entrambe con motori cilindrici posti sulla cassa: questo progetto portò alla nascita del carrello Fiat di seconda generazione. E' del 1944-1945 la L103, evoluzione della 102.

Lunghe 25 metri, con 64 posti la L101 e 72 la L102, con cassa autoportante in acciaio, erano dotate di un musetto aerodinamico di concezione estremamente innovativa, molto affusolato il primo e quasi emisferico il secondo. La prima montava un motore da 440 cavalli, Fiat Tipo 352 a 12 cilindri contrapposti, con cambio meccanico a sei marce e carrelli da 3,5 metri capaci di 140 km/h. La seconda montava due Fiat 700.000 a 6 cilindri da 370 Cv totali, con 120 km/h di velocità massima e cambio a sei marce, poi sostituito con uno di nuova concezione a cinque marce sincronizzato. i carrelli erano più corti, da tre metri, a trasmissione semplificata.

Purtroppo la L101, la più innovativa, andò persa durante il secondo conflitto mondiale in un bombardamento della stazione di Torazza, e con lei gran parte dei disegni e i dati dei test: sopravvive oggi solo una fotografia scattata tra il 1939 e il 1940. Questa perdita fu devastante per i piani industriali dell'azienda, dato che dalla L101 avrebbe dovuto nascere una intera famiglia di veicoli a grande motorizzazione da usare nel dopoguerra, e il cui nuovo sviluppo avrebbe in seguito costituito un grave problema per i tecnici aziendali. La L103, simile alla 102 ma con cassa in lamiere ondulate, venne invece messa in servizio sulla Brescia-Iseo-Edolo, mentre la L102 venne riarredata e divenne il treno presidenziale per la Repubblica della Bosnia-Erzegovina.

Nel 1938 Fiat acquisì la OM di Milano, uno dei grandi costruttori ferroviari italiani: insieme ad OM venne creato il prototipo della ALn 72, sia in versione Diesel (motore OM-Saurer), che a vapore: dalla versione termica derivarono numerosi altri veicoli, tra cui le ALn 772, le ALn 990 e le ALn 668, nonchè le TER e TAF per la RENFE spagnola .

[modifica] Il dopoguerra

Le ferrovie uscirono dalla guerra piegate e in ginocchio. Il parco rotabili era letteralmente devastato, con pochissimi mezzi in grado di circolare e ancora meno in grado di correre: le linee erano danneggiate e l'elettrificazione carente, tanto che parte della trazione dovette essere riaffidata temporaneamente alle vecchie e durevoli vaporiere. Il parco carri aveva sofferto dei bombardamenti, l'80% delle carrozze era inutilizzabile e il 67% delle locomotive non poteva più muoversi: in cinque anni Fiat fornì 5850 carri merci e 455 carrozze, e lavorò alla riparazione di 130 automotrici per fornire un primo sollievo alle martoriate ferrovie.

Si puntò ancora sul diesel, con lo sviluppo di automotrici ad alta capacità con monomotori piatti posti sulla cassa: il primo risultato di successo furono le ALn 990, ma furono anche moltissimi i lavori per l'estero: i treni fiat arrivarono in argentina, spagna, india,grecia, Cuba, Portogallo, Egitto. Per l'Italia si produssero le ALn 60 (1949) e ALn 64 (1955). Le commesse ferroviarie (ormai quasi solo automotrici) erano integrate da veicoli tramviari per le grandi città italiane, Roma, Firenze, Torino, e per Madrid.

Dal 1950 l'azienda ricominciò a lavorare sulle carrozze, fornendo le Carrozze letto Tipo P, carrozze di lusso di difficile costruzione, con carrelli di tipo Shlieren svizzero, poi sostituito con il francese Y24, col tipo Minden-Deutz e infine con il Fiat di 3a generazione: in sette commesse la Companies del Wagon Lits e le FS ordinarono 174 veicoli.

Nel 1951 l'azienda ottenne il presitgioso incarico di costruire in treno reale egiziano, un treno a due casse composto da una motrice da 960 CV su due motori SBB, e da una rimorchiata: in seguito il mezzo venne destinato a servizi turistici dopo il colpo di stato di Muhammad Neghib

Nel 1954 nacque la ALn668, uno dei mezzi di maggior successo della storia delle ferrovie italiane ed europee, nonchè dell'azienda che la produsse. In seguito ad un ordine per tre prototipi (commessa Fiat 094) destinati a serivire sulle tratte regionali, Fiat costruì le ALn668.1401 - 1403, primi esemplari della più grande serie di automotrici mai costruita, dopodichè partecipò insieme a Breda alla costruzione del numerosissimo gruppo. Dal progetto derivarono anche numerosi mezzi per l'estero.

Il dopoguerra fu il periodo d'oro di Fiat, che affiancava al boom del settore automobilistico il valore derivante da competenze uniche nel, campo ferrotramviario. Fiat era tra i più esperti costruttori mondiali di veicoli ferroviari diesel, forse seconda per competenze solamente alle grandi aziende dell'industria pesante americana. Il rinnovamento delle ferrovie italiane passava per la trazione diesel, in attesa di tornare all'elettrico con la ricostruzione e la capillarizzazione dell'elettrificazione delle linee.

Le competenze motoristiche di Fiat e il know-how di OM permisero di sviluppare 12 prototipi di locomotive diesel-elettriche in soli 8 anni, dal 1946 al 1954, dimostrando un'inattesa vitalità nel panorama industriale colpito dal conflitto. I prototipi servirono ad esplorare le diverse combinazioni di rodiggio, motore e trasmissione, che arrivarono a sperimentazioni inusuali come le disposizioni di ruote di tipo Co-Co o Ao1Ao-Ao1Ao (carrelli a tre assi con sei assi motori o con 4 assi motori, due alle estremità di ogni carrello). Si sperimentarono configurazioni di motori diesel veloci o di un solo motore lento, piatti o verticali, con alesaggi differenti e diverso numero di cilindri.

Alcune di queste soluzioni vennero messe in campo in Argentina, per una serie di 280 veicoli costruiti dal Consorzio GAIA, a cui partecipava anche OM. In Italia Fiat produsse i venti prototipi della serie D341: anche questi in ben 4 configurazioni diverse, per sperimentare diversi propulsori forniti da vari costruttori, ma dall'elettromeccanica unificata. Il risultato fu positivo per Fiat, che ottenne una parte dell'ordine per le altre 85 locomotive di serie da motorizzare con propulsore Fiat Grandi Motori 2312SF; le altre andarono a Breda, che montava motori Paxman 12YLXL costruiti su licenza.

Per le commesse estere Fiat si avvalse dal 1958 di una società speciale, la Fiat Concord costituita in Argentina a Cordoba, e operò su mezzi diversissimi tra loro per scartamento, funzione o classe di servizio. In soli due anni dalla posa della prima pietra la Concord riuscì a produrre il suo primo veicolo. Tra il 1962 e il 1975 furono costruite 1500 carrozze, e la qualità migliorò notevolmente col tempo e con l'esperienza accumulata realizzando le Gran Comfort TEE e le Eurofima.

Ormai assurta al ruolo di gigante del settore, Fiat Ferroviaria decise di sfidare gli americani sul loro stesso terreno, realizzando una locomotiva diesel-elettrica leggera ma molto potente per il mercato statunitense: naque quindi nel 1961 la E10011, motorizzata da Mercedes-Benz 820Db, di cui Fiat aveva la licenza di costruzione. Per la parte elettrica si ricorse alla francese Alsthom, un grande nome del mondo delle locomotive.

La meccanica derivava direttamente dalle E341, con notevoli variazioni sul carrello (diventato a tre assi). Purtroppo non arrivò mai negli USA: dopo le corse di prova, il prototipo venne immatriocolato come Locomotiva D.461 e usato sulla linea del Brennero fino alla radiazione nel 1978. I motori Mercedes si dimostrarono poco affidabili, ma da questa macchina derivò una grandissima mole di dati e di idee innovative.

Questo mezzo segnò l'inizio della lunga collaborazione con Alsthom, inizialmente per la produzione di locomotive per l'esportazione in Polonia derivanti dalla D.461, ed in seguito (dal 1961 al 1967) per la realizzazione di progetti da destinare a Fiat Concord. Nacquero diversimodelli per le Ferrocarril General Belgrano argentine, tra cui una motrice da 1000 CV e una da 2000 caratterizzata da una aderenza straordinaria.

Per l'Italia vennero prodotte la Locomotiva Tipo 7144 per la Satti (una locomotiva-bagagliaio leggera), che però non entrò mai in produzione di serie limitandosi ad un solo esemplare.

Intanto Fiat acquisì la commessa per le nuove Locomotiva D343 e D443, due versioni simili ma dalle potenze diverse (1000 CV la prima, 1500 la seconda): per questa commessa, lanciata nel 1964 venne sviluppata la trasmissione ad anello danzante, che fu ingegnerizzata con l'ausilio di tecniche avanzate per l'epoca come le tensovernici, l'uso di radiografie e di calcolatori elettronici. L'anello danzante era un oggetto molto complesso da ingegnerizzare e costruire, ma i risultati furono ottimi e la soluzione si dimostrò efficace ed affidabile.

[modifica] Gli anni '70

Il mondo ferroviario stava facendo grandi passi, e nel 1965 Fiat sentì il bisogno di adeguare le proprie tecnologie per raggiungere standard di comfort e prestazioni se non superiori a quelli dei nuovi mezzi superveloci giapponesi, almeno paragonabili. Il vetusto carrello Tipo 27 ormai già dal 1956/57 era classificato dalla UIC come il peggiore d'Europa, surclassato da modelli più nuovi e prestanti con sospensioni a molle elicoidali in loco delle balestre. Fiat sviluppò nuovi modelli, tra cui il Tipo 24 per le carrozze e il Tipo 1040-920 per le elettromotrici, ma la tecnologia era sempre quella sorpassata dei prodotti precedenti.

Il 24 novembre venne lanciato il Programma Calcoli per Nuovo Carrello per Automotrici, basato su due mezzi sperimentali Tipo 7170: obiettivo primario era capire a quali sollecitazioni sarebbe stato sottoposto il sistema carrello-rotaia, e ridurne l'intensità entro parametri accettabili anche ad alte velocità. I primi test di alta velocità in Francia avevano prodotto dati importanti, evidenziando come a 331 km/h un carrello tradizionale danneggiava la rotaia e come era difficile mantenere il contatto con la linea elettrica ad alta velocità.

Il progetto portò alla terza generazione di carrelli (dopo quelli delle littorine degli anni trenta e quelli delle automotrici degli anni cinquanta), inaugurata dal Tipo 7170, dotati di sospensione trasversale grazie alle molle ad elica (Flexicoil integrale). Questa soluzione era assai innovativa, e venne sviluppata per passi su carrelli sperimentali, aumentando le velocità e togliendo passo a passo i vincoli di collegamento tra il carrello e la cassa, fino ad affidare tutto il peso di questa alle sospensioni. Intanto vennero sviluppati modelli teorici ed empirici, simulando le condizioni operative con prove di fatica e cicli di sforzo.

Il progetto rappresentò un salto tecnologico inestimabile per Fiat. Il lancio delle commesse per la costruzione dei treni rapidi Trans Europe Express (TEE) a comfort migliorato fu una immediata possibilità di applicazione per tutto il lavoro svolto sui carrelli sperimentali. I carrelli TEE dovevano sottostare a requisiti molto rigidi, e il nuovo carrello Fiat si dimostrò carente dal punto di vista delle sollecitazioni trasversali, tanto che venne considerato un retrofit del progetto per accogliere i vecchi Tipo 920, o addirittura i Mintzen-Deutz (prodotti dalla concorrenza e poi costruito su licenza).

Intanto FS commissionò a Fiat un primo ordine delle nuove carrozze unificate Carrozza ferroviaria Tipo Y, in un piccolo ordine di 20 esemplari dotate di carrello Tipo 24, ma presto le Ferrovie dello Stato adottarono l'altro tipo di carrozza unificata, il Tipo X, che dovette essere dotato di carrello Mintzen-Deutz.

Su una Tipo X messa a disposizione da FS, Fiat sviluppò un nuovo tipo di carrello, in due esemplari, il 7195CS, che poi evolvette nel Tipo F71. L'F71 rispondeva ai requisiti del consorzio TEE, e venne in seguito usato anche sulle carrozze Gran Comfort nazionali. Il Tipo F71 fu un successo oltre ogni aspettativa, e arrivò a superare i requisiti del 150% per quanto riguarda il comfort verticale e del 350% per il comfort trasversale, l'annoso problema dei carelli Fiat. Il successo fu tale che FS ordinò altre 212 carrozze di vario tipo equipaggiate con gli F71, e il carrello divenne lo standard de facto per i servizi rapidi da 200 km/h. La precisione tecnica per la costruzione spinse Fiat a dotarsi di attrezzature d'avanguardia, tra cui due banchi per il controllo degli assemblaggi di veicoli finiti e dell'assetto dei carrelli.

Appartengono alla terza generazione Fiat quasi tutti i carrelli che hanno equipaggiato i veicoli italiani dal 1970 in poi, e sono evoluzioni dirette del F71 del 1970. Nel 1972 il carrello fu scelto come base per lo sviluppo di un nuovo carrello destinato alle carrozze Eurofima, che sarebbero dovute diventare lo standard internazionale europeo. Il carrello venne aggiornato con innovazioni tecniche tratte dal Tipo Y32 Breda, e venne montato sulle carrozze consegnate a partire dal 1977. Dai carrelli prototipo derivarono delle versioni per automotrici elettriche, poi usati sulle ALe 644 e 724 (Tipo 7219).

Dal Tipo F71 sarebbe derivato direttamente il carrello per l'ETR500, adattato alle altissime velocità, mentre alcune soluzioni sarebbero state poi riadattate su diversi modelli per tram e metropolitane.

Sempre nel 1970 Fiat capitalizzò le esperienze del Programma Calcoli per intraprendere la sua più grande sfida tecnica, quella che avrebbe consacrato di fatto il nome del costruttore nella storia delle ferrovie: la costruzione del primo treno passeggeri a cassa pendolante attiva, il Pendolino.

Tra i carrelli sviluppati dal Programma Calcoli vi era il Tipo 7199 Prototipo Pendolino, nato nel 1970 dopo una lunga gestazione cominciata nel 1966, che avrebbe poi equipaggiato in versione di serie la prima generazione di veicoli a cassa pendolante, costituita da quell'unico ETR401 entrato in servizio.

Nel 1979 Fiat tornò a lavorare sulle locomotive pesanti, questa volta elettriche, dopo una serie di lavori di sperimentazione ed adattamento (tra cui il principale è lo studio del comando a chopper sulla E444.005). Dal lavoro sulle E444 si ottenne l'esperienza necessaria per lo sviluppo dei prototipi del nuovo gruppo E633, una locomotiva merci a passo corto a controllo elettronico che poi avrebbe dato vita anche al gruppo a passo normale E632.

Nel 1983 venne lanciato da FS un ambizioso programma di sviluppo di nuovi prototipi e tecnologie da applicare alla flotta, finanziato nel 1978 e 1981 con 33 e 100 miliardi di lire, rispettivamente.

[modifica] Progetti

  • 1921: progetto per Vettura automotrice a Petrolio - a due assi, un motore e trasmissione di un camion su una carrozza ferroviaria, mai costruita
  • 1923-1924: loco diesel per ferrovie calabro-lucane
  • 1924: Fiat TA 150 - automotrice diesel leggera da 150 cv per la Somalia coloniale, con motore su carrello e prima versione prototipo a cambio meccanico
  • 1924: Fiat Carrozza Automotrice Petroleo Elettrica da 200 CV
  • 1925: locomotiva diesel-elettrica 1300 Cv - non realizzata, ma forse il primo progetto con FS, base per la E626
  • 1926: Fiat TA 280 - Carrozza Automotrice Petroleo Elettrica da 280 CV (evoluzione della 200 CV) scartamento normale (Lucca-Pontedera) e ridotto (sicilia)
  • 1928: Fiat TA 180 - automotrice diesel leggera da 180 cv a scartamento normale e ridotto (FS RNe)
  • 1929: Treno Reale della Famiglia Savoia
  • 1931: ALb 25 - in servizio su Foggia-Cerignola, con trasmissione cardanica invece di catene
  • 1949: Fiat RALn60
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