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Wikipedia:Deposito/Il Genius Loci di Brescia

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IL GENIUS LOCI Di Brescia


Nei diari,nei resoconti di viaggio dei forestieri che visitarono Brescia dal seicento al secolo scorso,nelle guide è ricorrente l’accenno ad una caratteristica della nostra città, l’abbondanza delle fontane pubbliche e private;a questi cenni si aggiungono i sonetti e i poemi dedicate alle fonti bresciane e,quasi da contrappunto ai dotti,agli artisti,non manca una voce popolare che,attraverso un crudo proverbio dialettale,ci conferma essere stata “Bressa città de campane,de fontane,de potane”per la poesia sarà sufficiente ricordare Bartolomeo Dotti (1642-1713) che,in un sonetto sulle “Fontane di Brescia”,così cantava: Ruscello,natural figlio De’ Monti, Figlio adottivo a la mia patria viene, E per amor si svena in cento vene, E sparte cento vene in mille fonti, A più selci,a più mura,empie le fonti, Che gettan per le vie piogge serene, Dove,per ribaciar le amiche arene, Par,che l’acqua dei marmi a terra smonti. Da l’occhio qui,non dal cammin riceve La sete del pellegrino,e se a le sponde Discende a ber,del nostro amor s’imbeve Che,se l’acqua latea l’oblio c’infonde, Il passegger qui sempiterna beve La memoria di Brescia in sì bell’onde. Nel settore degli eruditi,quasi negli stessi anni (1700)Giulio Antonio Averoldo nella sua guida di Brescia così si esprimeve:”Siccome il Piano è abbondante de’ fiumi e sorgenti,benefiche piogge ad allattar i campi,così la città doviziosa di cristalline fontane quanto pubbliche ne spande,quante rinchiuse in private case ne dispensa!”. La ricchezza di fontane nella nostra città è una caratteristica tuttora attuale,ma purtroppo meno evidente per il caotico ed affannoso ritmo di vita e per il prepotente inserimento delle macchine che hanno reso difficile,da un lato il sereno passaggio per le vie cittadine e,dall’altro,hanno trasformato piazze,cortili,androni,in posteggi pubblici e privati. Basterà qualche dato statistico per renderci conto di quanto fosse giustificata la comune asserzione sull’abbondanza delle fontane. Nel 1560 un documento del Comune testimonia che 34 erano le fontane pubbliche e 170 quelle private;il Coronelli nel 1699 indica nella sua pianta di Brescia 64 fontane pubbliche;ma l’esplosione si ebbe nel diciannovesimo secolo,se all’inizio si era raggiunto il numero si 1409 fontane e se nel 1859 avevamo 78 fontane pubbliche e 1840 fontane private. Procedendo negli anni,nel 1882 le statistiche affermano che le fontane di acqua-prima e di acqua-seconda,fra pubbliche e private,a getto continuo erano 2286 e ancora nel 1904,le fontane pubbliche erano 71,le private a deflusso continuo 760 e 380 a spina chiusa.L’abbondanza di acque sorgive provenienti dalla Val Gobbia e dalle colline dei Ronchi,le caratteristiche di compattezza e di relativa facile lavorazione della bianca pietra Botticino,le cui cave erano,si può dire,alle porte di Brescia,ci spiegano la ricchezza di fontane nell’ambito delle antiche mura;ma forse vi è anche un terzo motivo quasi inconscio. L’assenza di un vero fiume,che attraversa la nostra città-il Mella era troppo lontano e il Garza o Melone non potevano certo fregiarsi di quel titolo nonostante l’onore della citazione catulliana-non avrà spinto i nostri antenati a supplire a tale mancanza con le fontane? Il moltiplicarsi del loro numero,sia per quelle pubbliche che per quelle private,ha fatto si che Brescia venisse ritenuta,dopo Roma,la più ricca di questi manufatti(un moltiplicarsi,s’intende,discreto,quasi schivo,ben lontano certo dalla fastosità e dalla suntuosa bellezza delle fontane di Roma barocche). Il collegamento fra Brescia e l’uso della fresca linfa per acquedotti e fontane,ha origini antiche ed illustri;non pochi documenti di grande importanza,sono collegati a questo argomento. Senza tenere conto dei nomi preromani attribuiti a divinità protettrici delle fonti,testimoniate dalle epigrafi trovate nel bresciano,sarà sufficiente ricorfìdare come nel museo romano si conservi l’epigrafe scoperta nel 1667 per la costruzione del nuovo Duomo dalla quale sappiamo che Augusto diede inizio alla costruzione degli acquedotti,condotta a termine da Tiberio per portare l’acqua nella nostra città. Più acquedotti,quindi,già Augusto e Tiberio fecero erigere in favore di Brescia e in parte sono giunti fino a noi con le salde strutture a volta dei loro cunicoli:uno portava l’acqua da Lumezzane e,per premio e costoro,seguendo le pendici dei Ronchi e del Cidneo,giungeva a Brescia con un percorso di 25 chilometri circa;l’altro proveniva dalle fonti di Mompiano per una lunghezza di circa 6 chilometri. Ambe due alimentavano gli impianti termali come quelli ritrovati in piazza Duomo e sotto il palazzo Martinengo Cesaresco,in via Tosio ed in Contrada Santa Chiara,nella casa Cavadini,dove nel pavimento musivo si leggono tra iscrizioni assai significative:”BENE/LAVA;SALVV/LUTV(BUON BAGNO);PER IPSE MASU(VIA LA SPORCIZIA!) Le acque portate in città alimentavano inoltre i ninfei delle case signorili come,ad esempio,quelle delle due ritrovate nell’area di San Salvatore e le fontane,come le due poste a lato della scalinata del Capitolium-fatto erigere da Vespasiano-che possiamo considerare le più antiche pubbliche della nostra città. Con l’età barbarica andò in disuso l’acquedotto di Lumezzane e rimase in funzione solo quello di Mompiano,a cui si aggiungerà la fonte di Rebuffone destinata a dare acqua al settore sud-est.Ma quel che meraviglia di più è che questo condotto,che non era altro che quello romano proveniente da Mompiano,lo ritroviamo esattamente descritto come funzionante in un documento del 1339 che affermava che le fontane della città erano alimentate dall’acquedotto di Mompiano. Sempre a testimoniare il valore dato alle fontane nella nostra città,ricordiamo la pianta di Brescia di Vincenzo Coronelli,edita a Venezia nel 1699,nella quale sono indicate le fontane pubbliche accanto alle chiese e agli edifici civici più importanti. Dell’epoca medioevale ci è giunto poco;alquanto numerose invece sono le testimonianze improntate a raffinatezza di modello e da eleganza di forma del Rinascimento.A partire da questo momento con le fontane sono da ricordare anche i pozzi.Con il Seicento e il Settecento assistiamo ad un’esplosione di motivi,ad uno sbizzarrirsi di forme nelle quali l’architettura si sposa alla scultura e l’una e l’altra al gioco degli zampilli,delle cascatelle d’acqua che assumono un valore essenziale nell’economia delle singole opere.Le vasche lisce,ma di forma sagomata,sono presto superate dalle valve di conchiglie ed a esse si sovrappongono le tazze ad uno o più ordini con un elemento terminale a fiore o delfino da cui zampilla l’acqua.Nell’ampia vasca a piano terra,scalinate,nicchie,finte decorazioni a roccia,mascheroni e statue sono poste al centro di un cortile addossate ad una parete. Nel periodo neoclassico compaiono statue e fu per Brescia un periodo felice fino a quando l’uso dell’incontrastato Botticino verrà sostituito dai metalli. Un notevole scadimento notiamo con la seconda metà dell’Ottocento,ma a sollevarne le sorti ecco ricomparire la fontana con altra funzione:all’elemento pratico e a quello decorativo,si aggiunge quello commemorativo con la fontana in onore ai Porcellana. Di molti manufatti si hanno notizie o conosciamo i nomi degli architetti o scultori che li produssero,ma della maggior parte non conosciamo né il progettista,né l’anno,né l’ubicazione originaria.La presenza di fontane nel cortile di fronte al portale o alla metà di uno scalono o persino nell’ampia cucina di una casa borghese è una caratteristica soprattutto bresciana;non solo:la fontana,oltre che ad elemento architettonico o fatto decorativo,divenne anche episodio urbanistico di notevole interesse. Dunque il genius loci si riscontra oltre che nelle numerose fontane bresciane,anche in altri episodi architettonici frequentemente riscontrabili in Brescia come lo sfondale prospettico di molti portali o come il sapiente gioco di fughe scenografiche ottenute dal susseguirsi oltre al portale dell’androne e di più cortili o di un giardino e,tutto questo,in corrispondenza di una strada o di un vicolo che fanno da cannocchiale.Ora,in questo complesso gioco prospettico,la fontana o il pozzo assumono un valore essenziale.Solitamente per questi monumenti si è usato il Botticino;con la sua immacolata nota di colore bianco,la nostra pietra sembra quasi volersi legare ancora più intimamente con l’argenteo zampillare dell’acqua.Purtroppo oggi il genius loci nell’architettura di una fontana è quasi scomparso:la scarsità sempre più preoccupante della linfa,l’espandersi della città,hanno fatto sì che dapprima venisse tolto verso il 1926 per una disposizione saggia,ma dolorosa delle autorità comunali,il getto continuo e perenne che alimentava le fontane nelle case di questi antichi cittadini che avevano diritto a questo che allora non si considerava neppure un privilegio.Verso la seconda guerra mondiale fu la volta delle fontane pubbliche ormai quasi mute e la mancanza di manutenzione hanno ridotto a ricettacoli di sporcizia quelle opere che costituivano un vanto della nostra città.Molti di questi monumenti di carattere pubblico inoltre,sono scomparsi,trasportati,collocati nei magazzini comunali o distrutti o venduti ad antiquari o persino emigrati oltreoceano. La storia delle fontane in Brescia è la testimonianza che l’acqua può essere edificata dandole la definizione precisa di elemento partecipe di un paesaggio oppure visualizzandola in una fontana.La presenza dell’acqua conferisce quindi identità alla terra;pur essendo l’opposto del luogo,l’acqua appartiene intimamente alla realtà vivente:simbolo di vita.L’acqua caratterizza così il luogo in senso significativo o sacro.

MatteoBusseni Brescia 2006

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